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    Multa di 3000 euro nel trasporto di agnelli

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    Quasi tutto lo shipping è in crisi


    Le navi che trasportano carichi secchi, container e i mezzi impiegati nell'industria offshore sono in grande sofferenza, mentre le cisterne sono le uniche a dare qualche soddisfazione agli armatori. È questa, in sintesi, la panoramica di mercato attuale delineata in un rapporto appena elaborato dal desk shipping di Mediocredito Italiano per l'Osservatorio scientifico di SRM sull'economia del mare. Il documento intitolato Shipping update analizza in serie i cinque principali comparti del trasporto marittimo mondiale di merci: carichi secchi, liquidi, chimici, offshore e container.
    Partendo da un'analisi dello scenario economico globale, il documento spiega che per i traffici marittimi mondiali nel 2015 è stato registrato un incremento del 2,6% (3,4% nel 2014), mentre la flotta mondiale è cresciuta del 3,5%. L'aumento dei traffici di carichi secchi è stato pari al 2%, il più basso dal 2010, mentre il comparto del petrolio dopo due anni di declino ha visto un incremento del 4% grazie soprattutto al calo del prezzo dell'oro nero. I traffici di container, dopo il recupero nel biennio 2013-2014, nel 2015 hanno fatto registrare un modesto +2,7%. In questo quadro si segnala una forte riduzione dei nuovi investimenti in nuove navi bulk carrier, mentre è vero il contrario per le navi cisterna e le portacontainer.
    I traffici dry bulk sono sempre dominati dall'industria dell'acciaio e dal settore energetico, tanto che il 60% dei volumi è costituto da minerali di ferro e carbone, mentre il resto sono prodotti siderurgici, bauxite, grano, soia e fertilizzanti. Il 2015 è stato l'anno peggiore dal 2008 ma a febbraio di quest'anno l'indice Baltic Dry Index ha toccato un nuovo minimo storico a 291 punti per effetto di rate di nolo al minimo e conseguente svalutazione degli asset navali.
    Per il comparto delle navi cisterna il 2015 è stato invece il migliore esercizio dallo scoppio della crisi in poi, anche grazie al basso costo del bunker che ha consentito alle shipping company elevati margini di guadagno. A contribuire positivamente è stato soprattutto il prezzo in discesa del petrolio e l'incremento della capacità di raffinazione in Medio Oriente. Per il 2016, secondo gli esperti di Mediocredito, le prospettive rimangono buone anche se le petroliere di grande portata potrebbero risentire della nuove consegne di navi previste nel corso dell'anno.
    I trasporti marittimi di prodotti chimici e di oli vegetali sono a loro volta cresciuti in media rispettivamente del 4,3% e del 5,8% ogni anno dal 2005 al 2014. Nel 2015 la progressione è stata del 4% per effetto delle maggiori importazioni da parte di Corea del Sud e Cina. Secondo il rapporto della banca italiana, le prospettive di ritorni economici per le navi che trasportano prodotti chimici appaiono buone in costanza di un basso prezzo del carburante, anche se inferiori ai livelli pre-crisi.
    Periodo nero invece per il segmento dei container dove le prospettive non sono positive per un ormai cronico eccesso di offerta e per la stagnazione del commercio mondiale. Il peccato originale è rappresentato dall'eccesso di stiva disponibile sul mercato: nell'ultimo triennio – rileva ancora Mediocredito – sono state consegnate mediamente ogni anno 200 nuove unità, ma con un considerevole e progressivo incremento in termini di teu. Nel 2012 le nuove consegne di navi erano pari a una capacità di stiva da 1,2 milioni di teu mentre l'anno scorso questo valore era salito a 1,7 milioni di teu. Per l'anno in corso le previsioni parlano di 193 navi in consegna per un'offerta di stiva aggiuntiva pari a 1,3 milioni di teu.
    Discorso a parte vale infine per l'industria offshore alla quale è collegato il mercato delle navi Offshore Supply Vessel, categoria in cui sono comprese le unità AHTS (Anchor Handling Tug Supply) e le PSV (Platform Supply Vessel). Questo comparto è in grande sofferenza per effetto dei tagli agli investimenti decisi dalle compagnie petrolifere che hanno ridotto mediamente del 19% le attività esplorative e di produzione e stanno proseguendo a ridurle di un altro 20-40% nel 2016. L'effetto è stato un calo della domanda d'impiego per queste navi e un crollo dei noli.
    "La crisi ha investito drasticamente tutte le aree esplorative quali il Mare del Nord, il West Africa, gli Usa, il Brasile, l'Asia e il Messico anche se quest'ultimo rimane il Paese più attivo", si legge nel documento di Mediobanca, che intravvede nella sospensione delle sanzioni con l'Iran qualche nuova possibilità d'impiego per le unità offshore (in particolare per le navi utilizzate come unità galleggianti per lo stoccaggio di greggio). Le unità OSV possono infatti riporre qualche speranza di ripresa dell'attività nell'emergente attività dell'industria mineraria offshore: "L'anno prossimo Marine Assets Corporation prenderà in consegna la prima nave mineraria d'altura al mondo che opererà nell'ambito del progetto Solwara 1 al largo della Papa Nuova Guinea per l'estrazione di metalli di alta qualità dai fondali marini di minerali in acque profonde 1.600 metri".

    Nicola Capuzzo

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