Dopo diversi giorni di continue violazioni dello spazio aereo avvenute con palloni aerostatici, il 27 ottobre la Lituania ha annunciato la chiusura dei confini con la Bielorussia a tempo indeterminato. La premier Inga Ruginiene ha infatti chiarito che nessun attacco ibrido sarà tollerato e non ha escluso la possibilità di attivare l’articolo 4 del trattato Nato, che consente a un paese di richiedere colloqui con gli alleati ogni qualvolta si presenti una minaccia sull’integrità territoriale. Secondo i media locali, tuttavia, i palloni aerostatici non avrebbero nulla a che vedere con spionaggio strategico ma che sarebbero in realtà utilizzate da organizzazioni criminali per il contrabbando di sigarette. Le Autorità bielorusse hanno definito la chiusura come una vera e propria provocazione e il ministro degli Esteri bielorusso, Maksym Ryzhankov, ha invitato il governo lituano a ritirare il provvedimento.
Ad oggi, i confini rimangono chiusi e il valico di frontiera di Šalčininkai, a circa 50 chilometri a sud di Vilnius, consente l’accesso solo a diplomatici, cittadini lituani o europei, residenti in Lituania o viaggiatori in transito verso Kaliningrad. Salvo proroghe le restrizioni saranno valide fino al 30 novembre, anche se le associazioni dei trasportatori, Linava in primis, hanno messo in guardia il governo sulle possibili ripercussioni della manovra sull’autotrasporto nazionale.
La chiusura delle frontiere non solo interromperebbe le catene logistiche, ritardando i flussi di merci e creando perdite multimilionarie, ma potrebbe anche causare un’emergenza umanitaria. Sono infatti centinaia i camion che, in pochi giorni, si sono ritrovati bloccati sul lato Bielorusso e sono stati poi costretti a deviare il loro percorso attraverso la Polonia, generando un costo elevato per le aziende e causando un ritardo delle consegne.
Linava ha riferito anche che ci sarebbero decine i veicoli che, avendo già superato lo sdoganamento bielorusso, non possono modificare rotta e sono ora bloccati in una trappola burocratica, impossibiltati ad entrare in Lituania e non autorizzati a cambiare rotta attraverso la Polonia. Linava ha inoltre sottolineato come la complessa situazione comporti rischi non solo logistici, ma anche umanitari. Gli autisti potrebbero infatti attendere settimane senza informazioni chiare, senza accesso a cibo e ad alloggi dignitosi. Per questo, l'associazione ha chiesto al Governo lituano di convocare una riunione di emergenza con i rappresentanti del settore dei trasporti per ripristinare un traffico merci stabile.
La situazione ricorda quella che avvenuta poche settimane fa in Polonia, quando il governo Tusk aveva deciso di chiudere i valichi stradali e ferroviari con la Bielorussia a causa delle esercitazioni militari congiunte di Minsk e Mosca. Anche in quella situazione, centinaia di mezzi pesanti erano rimasti bloccati oltreconfine e l’emergenza umanitaria è stata evitata solo grazie al retro-front della Polonia e alla successiva riapertura del confine. A poche settimane di distanza Varsavia non ha solamente riaperto i confini, ma anche annunciato di voler ripristinare il traffico attraverso due valichi ormai chiusi da diversi anni.
Il primo ministro Donald Tusk ha infatti annunciato l'intenzione di riaprire già a novembre il corridoio di Bobrowniki, chiuso dal 2023 a seguito della condanna di un attivista polacco in Bielorussia, e quello di Kuznica, inattivo dal 2021 come forma di prevenzione verso i forti flussi migratori. Tusk ha osservato che l'apertura sarà un'operazione "di prova" e che il confine potrebbe essere richiuso velocemente se necessario, anche se le autorità polacche si aspettano che questa manovra possa risolvere le frequenti congestioni ai valichi e ripristinare un flusso di merci regolare.
Marco Martinelli
































































