Un nuovo fronte si è aperto tra la Commissione Europea e gli operatori del trasporto e questa volta riguarda i porti. La vertenza è scoppiata all'inizio di aprile 2018, quando l'ufficio comunitario sulla concorrenza – la DG Competition – ha inviato al Governo italiano una nota in cui stabilisce che i canoni raccolti per le concessioni demaniali nei porti devono essere soggetti a imposizione fiscale. La Commissione ritiene infatti che le Autorità portuali siano organismi coinvolti in attività economiche, quindi devono pagare le tasse. L'attuale esenzione comporta, secondo DG Competition, un illecito aiuto di Stato che distorce la concorrenza nell'Unione.
Contro questa interpretazione si sono mosse Assoporti e Confetra. Il presidente dell'associazione delle Autorità portuali, Zeno D'Agostino, afferma chiaramente che questa decisione rischia di mettere in ginocchio i porti italiani: "Considerare l'attività di riscossione espletata dalle nostre Autorità alla pari delle attività economiche di un'impresa di diritto privato è un grave errore interpretativo", ha dichiarato D'Agostino. "Oltre a essere un controsenso rispetto alle funzioni di regolazione e vigilanza in capo alle stesse, essendo queste ultime chiaramente di natura pubblica, si tratta di una misura di coordinamento di politica dei trasporti. Inoltre, tale imposizione costringerebbe le Autorità di Sistema Portuale ad applicare canoni concessori e autorizzativi più alti, a discapito delle imprese che lavorano nei porti".
D'Agostino conclude affermando che Assoporti intende "promuovere un'azione compatta e coesa da parte di tutto il cluster marittimo-portuale nei confronti del Parlamento Europeo, del Parlamento Nazionale e del futuro Governo. Provvederò a contattare tutte le associazioni del cluster nei prossimi giorni in modo da lavorare insieme, ed evitare un danno così enorme ad una risorsa così importante".
Una prima risposta è giunta da Confetra, il cui presidente Nereo Marcucci ha accolto la proposta di D'Agostino: "Il cluster marittimo contrasti unitariamente, ed auspicabilmente accanto ad un Governo forte ed autorevole, questa incomprensibile posizione della DG Competition della Commissione UE sui porti italiani. Le AdSP sono pubblica amministrazione centrale dello Stato, detengono poteri tipicamente pubblici di regolazione, ordinanza e vigilanza. Quale articolazione amministrativa dello Stato svolgono attività di riscossione canoni e diritti, hanno una governance interamente istituzionale nominata da Governo ed Enti Locali. Considerarle alla stregua di imprese private, assoggettandole così alla fiscalità generale, mi pare un esercizio davvero fantasioso".
Marcucci esterna anche il timore che "questa creatività interpretativa della Commissione sia il frutto di pressioni ed interessi politici nazionali di Stati Membri nostri competitors nei traffici marittimi e nella logistica. Mi pare questo uno di quei classici casi in cui un Paese è chiamato a fare sistema per difendere, a Bruxelles, le proprie fin troppo evidenti ragioni. Gli effetti nefasti di una simile incomprensibile posizione, infatti, colpirebbero le Autorità di Sistema, i terminalisti, i concessionari, gli operatori di manovra ferroviaria, ovviamente l'armamento, togliendo competitività ai porti ed a tutta la filiera logistica che da essi poi si dirama verso imprese e consumatori".
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