L’ondata di caldo che sta colpendo l’Italia da metà giugno 2025 ha portato in primo piano la tutela dei lavoratori esposti alle alte temperature e tra questi ci sono anche categorie che operano nel trasporto e nello logistica, tra cui spiccano autisti di veicoli industriali, corrieri e magazzinieri, fino ad arrivare ai rider. È una questione affrontata dal rinnovo del 2024 del contratto nazionale Trasporto Merci, Logistica e Spedizioni, che nell’articolo 46 stabilisce che le aziende devono aggiornare i propri documenti di valutazione dei rischi includendo in modo specifico quello relativo alle temperature elevate come fattore di rischio per la salute e sicurezza dei lavoratori.
La norma stabilisce tre punti: le temperature elevate devono essere valutate con riferimento ai periodi più caldi e più freddi dell'anno, la contrattazione di secondo livello può definire azioni specifiche per la tutela della salute dei lavoratori in relazione agli effetti del cambiamento climatico e le imprese devono fornire adeguati dispositivi di protezione individuale in relazione alle specifiche attività lavorative. Dal punto di vista pratico, la norma fa riferimento al vademecum diffuso dal ministero del Lavoro il 21 luglio 2023, che si riferisce a un ventaglio più ampio di attività.
Il documento ministeriale pone come indicatore per ritenere “elevata” la temperatura i 35°, anche se precisa che in certi lavori e condizioni si può considerare una temperatura più bassa. Per quanto riguarda trasporto e logistica tra le misure tecniche possiamo individuare le cabine dei camion, dei carrelli elevatori o delle gru climatizzate. C’è però una contraddizione normativa per quanto riguarda i veicoli industriali, ossia la norma che impone a ogni autoveicolo fermo di spegnere il motore. In passato ci sono stati casi di autisti multati perché erano in sosta col motore accesso, perché serviva proprio per alimentare il condizionatore. La soluzione più sicura e installare sui camion i condizionatori che funzionano anche a motore spento.
Per chi lavora nei magazzini sono necessarie protezioni dal sole, come tettoie all’aperto, oppure sistemi di ventilazione al chiuso. Ma sono altrettanto importanti misure legate all’organizzazione del lavoro, come evitare le ore più calde, aumentare le pause e prevedere una maggiore rotazione del personale nelle attività più esposte al calore. Nella distribuzione sull’ultimo chilometro si uniscono le precauzioni degli autisti con quelle di chi movimenta le merci e in questo caso gli autisti devono avere anche dispositivi individuali, come cappelli e indumenti leggeri e traspiranti.
Le imprese devono anche fornire una specifica formazione ai lavoratori. Ciò significa istruirli su come riconoscere i sintomi di stress termico e di colpi di calore, sulle modalità corrette d’idratazione, sulle procedure di pronto soccorso nel caso di malessere da calore e sull’uso appropriato dei dispositivi di protezione individuale. Ricordiamo che nel caso di temperature sopra i 35° le imprese hanno diritto di chiedere la cassa integrazione con causale “eventi meteo” se la situazione lo consente. Per esempio nel casi di attività che comportano materiali sensibili al calore o lavorazioni in luoghi che non possono essere protetti dal calore.
Se non provvede l’azienda, gli stessi lavoratori hanno diritto a rifiutare di lavorare quanto le temperature possono avere conseguenze sulla salute e sulla sicurezza. Questo diritto è stato riconosciuto dalla giurisprudenza della Cassazione e si basa sull'articolo 2087 del Codice Civile, che impone al datore di lavoro di tutelare l'integrità fisica dei lavoratori. Se le temperature superano i 40° e fino ai 45° diventa obbligatorio fermare le attività lavorative non essenziali con diritto alla cassa integrazione, mentre se superano i 45° entra in vigore i divieto del lavoro all’aperto per tutti i settori.