Il primo luglio 2025, la Guardia di Finanza di Firenze ha sgominato un’organizzazione criminale che per anni avrebbe attuato un complesso sistema di frode fiscale, ramificato in sei regioni italiane e attivo soprattutto nei settori della logistica, dei trasporti e dei servizi. L’operazione – coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze e partita nel 2020 – ha portato all’arresto di quindici persone: tre sono in carcere, le altre dodici agli arresti domiciliari. Le perquisizioni hanno interessato Toscana, Lazio, Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto e Campania.
Al centro dell’indagine un meccanismo basato su società fantasma – le cosiddette “cartiere” – create per emettere fatture false. Aziende che formalmente si occupavano di trasporti o facchinaggio, ma che in realtà non avevano né personale né mezzi. Il loro unico scopo era generare crediti d’imposta fittizi, poi usati per azzerare illegalmente tasse e contributi, per un totale che supera gli 11 milioni di euro. I nomi dei soggetti coinvolti restano, per ora, riservati.
La complicità di professionisti insospettabili ha reso il sistema più credibile: commercialisti, ragionieri e persino un ingegnere, figura chiave nell’organizzazione. Era lui a progettare piani di ricerca e sviluppo completamente inventati, che spaziavano dall’intelligenza artificiale alla blockchain, passando per materiali innovativi e tecnologie olografiche. Tutto studiato per ottenere i benefici fiscali destinati alle start-up. Un commercialista di Prato si occupava invece dei bilanci, anch’essi falsificati con cura, per far apparire le imprese in regola con le norme.
Per proteggere i veri registi della frode, le società venivano intestate a prestanome, che assumevano anche la rappresentanza legale. Così si evitavano collegamenti diretti con i vertici dell’organizzazione, uno dei quali ha precedenti per reati economico-finanziari. Le indagini hanno svelato una struttura solida e ben organizzata, con ruoli definiti, linguaggi in codice e persino misure di sicurezza interna. Non mancavano neanche le minacce: il capo del gruppo, secondo gli investigatori, sarebbe arrivato a evocare l’uso di sicari pur di piegare imprenditori riluttanti.
Una volta emesse le fatture, il denaro passava di mano in mano tra una rete di società italiane ed estere, spesso attraverso consulenze fittizie e contratti simulati. Poi tornava all’organizzazione, anche sotto forma di contanti. Fondamentale, in questa rete, il ruolo di entità registrate in Bulgaria, Repubblica Ceca e Malta, usate per far transitare e ripulire il denaro. L’inchiesta ha anche scoperchiato un secondo fronte della frode, legato all’emergenza Covid. Alcune delle società coinvolte avrebbero sfruttato i bonus per la sanificazione dei locali, previsti durante la pandemia, per ottenere ulteriori crediti d’imposta tramite fatture false.