La recente collisione tra le petroliere Front Eagle e Adalynn nello Stretto di Hormuz va ben oltre il singolo evento: è il campanello d’allarme di un sistema di navigazione marittima sempre più esposto a minacce invisibili ma concrete. Le due navi operavano infatti in un’area soggetta, nei giorni precedenti la collisione, a forti interferenze satellitari e manipolazioni dei sistemi di identificazione automatica (Ais). Un contesto in cui l’orientamento preciso delle navi non è più scontato, anche a causa dei crescenti conflitti.
Secondo Yarden Gross, amministratore delegato e cofondatore della società tecnologica marittima Orca AI, è giunto il momento di ripensare radicalmente la resilienza dei sistemi di navigazione, perché quando il segnale Gps viene disturbato e le trasmissioni Ais risultano falsate o assenti, come accade sempre più frequentemente nei punti caldi geopolitici, le navi viaggiano in una vera e propria nebbia digitale.
Il caso della Adalynn, che secondo alcuni analisti farebbe parte della flotta ombra russa (e che quindi avrebbe navigato con il transponder Ais spento per eludere sanzioni e nascondere i propri movimenti), dimostra la portata del problema. A ciò si è aggiunto il fatto che i dati di tracciamento indicavano che la Front Eagle risultava inspiegabilmente “a terra” in Iran due giorni prima dell’incidente, segno evidente di un’interferenza Gps.
In queste condizioni, gli equipaggi sono chiamati a operare con informazioni falsate, quando non del tutto assenti. Navi che non compaiono sui monitor, segnali contraffatti, secondi preziosi persi nel dubbio: tutto ciò mette a dura prova anche i migliori ufficiali di guardia, lasciando le decisioni critiche in balia di una strumentazione compromessa. “Non possiamo continuare a chiedere all’equipaggio di affrontare da solo questo carico”, afferma Gross.
Egli aggiunge che la soluzione sta in una transizione tecnologica: affiancare alla vigilanza umana e ai radar tradizionali sistemi di consapevolezza situazionale basati su intelligenza artificiale e visione artificiale. Si tratta di tecnologie capaci di rilevare, classificare e seguire in tempo reale navi e ostacoli, anche in assenza di Ais o con Gps inattendibile. Questi sistemi non intendono sostituire il radar, che resta lo strumento anti-collisione principale, ma lo completano. Mentre il radar può faticare in acque trafficate o perdere piccoli bersagli nel rumore di fondo, la visione artificiale – se ben addestrata – identifica con precisione ciò che è realmente presente nell’ambiente circostante e non ciò che i dati compromessi suggeriscono.
Gross porta l’esempio proprio dell’incidente avvenuto nello Stretto di Hormuz, spiegando che pochi istanti prima della collisione, la Front Eagle ha effettuato una virata a dritta improvvisa. In uno scenario dove una nave non identificata compare improvvisamente a breve distanza, la presenza di un sistema indipendente di percezione – che conferma con l’immagine ciò che gli strumenti digitali non mostrano – può fare la differenza tra un’azione efficace e un disastro.
Ecco perché, sottolinea Gross, l’adozione di tali strumenti non è un vezzo tecnologico ma un’esigenza operativa. Tanto più in aree dove proliferano disturbi intenzionali dei segnali, operazioni clandestine e flotte invisibili. L’intelligenza artificiale può così diventare una garanzia di sicurezza supplementare: per vedere l’invisibile, confermare ciò che è incerto e restituire ai comandanti la piena consapevolezza dello scenario marittimo.
Gross conclude affermando che la cultura marittima ha da sempre adottato il principio della ridondanza per i sistemi meccanici: doppi motori, pompe ausiliarie, procedure d’emergenza. È tempo di applicare la stessa logica anche alla percezione della realtà esterna. Perché quando la carta elettronica diventa inaffidabile e i riferimenti digitali si offuscano, la nave continua comunque a navigare. Ed è in quel momento che serve uno “sguardo intelligente”, capace di interpretare con chiarezza la situazione e guidare l’azione umana con maggiore sicurezza. In un mare dove le minacce sono sempre più digitali, il futuro della navigazione sicura passa anche dall’occhio artificiale.