Il 24 gennaio 2025, il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Como ha comunicato di avere eseguito il sequestro preventivo di beni per un valore di 2,3 milioni di euro. Il provvedimento, disposto dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Como, riguarda un’inchiesta su una frode fiscale di vaste proporzioni nel settore della manodopera e della logistica. L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Como, ha coinvolto dodici aziende e ventidue persone fisiche (di cui non è stato fornito il nome) distribuite tra Lombardia, Piemonte e Calabria, con particolare concentrazione nella provincia di Como.
Il fulcro dell’indagine ruota attorno alle dodici imprese, formalmente registrate in diverse regioni italiane ma di fatto gestite da un gruppo di persone operanti da uffici situati inizialmente a Luisago e poi a Cadorago, entrambi Comuni del comasco. Il meccanismo della frode si basava sulla sovra-fatturazione di servizi legati alla pulizia, al facchinaggio, al trasporto e alla logistica, forniti da due società comasche a clienti compiacenti.
Questi ultimi, pagando le fatture gonfiate tramite bonifici bancari, ottenevano indebiti vantaggi fiscali. In particolare, potevano dichiarare maggiori costi aziendali, riducendo artificialmente il reddito imponibile, e accedere a un maggiore credito Iva. Una volta ricevuti i pagamenti, gli amministratori delle due società lariane prelevavano il denaro dai conti aziendali e lo restituivano in contanti ai clienti, i quali lo impiegavano per acquisti non tracciati o altre operazioni illecite.
Per sostenere questo sistema, le due società comasche emettevano a loro volta fatture per operazioni inesistenti, servendosi di società “cartiere” controllate dagli stessi responsabili della frode. Questo stratagemma permetteva di annullare i maggiori ricavi dichiarati, creando un circolo vizioso di irregolarità contabili. L’indagine ha stimato in oltre 3,5 milioni di euro le somme restituite in contanti ai clienti, a fronte di un totale di 17 milioni di euro di fatturazioni fittizie.
Le indagini, condotte attraverso perquisizioni, accertamenti bancari e incroci di dati con le banche dati in uso alla Guardia di Finanza, hanno portato alla raccolta di prove ritenute dagli inquirenti decisive. Durante le perquisizioni, i finanzieri hanno rinvenuto notevoli quantità di denaro contante nascosto in borse, agende con annotazioni dettagliate delle operazioni illecite e dispositivi informatici contenenti ulteriori elementi importanti per l’inchiesta.
Gli elementi raccolti hanno consentito di contestare agli indagati i reati di emissione e utilizzo di fatture false e di omesso versamento dell’Iva, Su questa base, l’Autorità Giudiziaria ha disposto il sequestro di conti correnti aziendali, immobili, beni mobili e quote sociali, fino a coprire l’imposta evasa pari a 2.318.000 euro.