L’11 giugno 2025, la Procura di Catania ha annunciato il sequestro di beni per 3,8 milioni di euro a una società di logistica che serve la distribuzione organizzata della Sicilia, attuato dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria. Il sequestro è avvenuto nei confronti della Messaggerie Logistica Sicilia, nell’ambito di un’indagine che vede dodici persone indagate a vario titolo per emissione di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta, omesso versamento dell’Iva e bancarotta fraudolenta.
Secondo gli inquirenti, la società – che ha sede nella zona industriale di Catania - avrebbe costruito un sistema di subappalti fittizi per ottenere manodopera a basso costo eludendo i contributi fiscali e previdenziali. Formalmente priva di maestranze operative – i suoi pochi dipendenti erano addetti a mansioni amministrative – la società avrebbe esternalizzato la forza lavoro a una rete di almeno otto società “serbatoio”, create per somministrare personale in modo illecito. Tali aziende - tra cui LA Service, S.T.S., A.T.G. Logistica, A.D. Logistica, Giesse Service, Coopservice F.M., Just Service e Speed - risultano costituite sotto forma di cooperative o società a responsabilità limitata.
Le indagini avrebbero rilevato, a livello indiziario, l’esistenza di una regia unica, riconducibile alla stessa Messaggerie Logistica Sicilia. Al centro del sistema sarebbe stata individuata una dipendente della società e moglie del rappresentante legale. Secondo gli inquirenti, la donna avrebbe svolto un ruolo fondamentale nella gestione e nell’organizzazione dell’intero meccanismo fraudolento, operando in concorso col marito, con il precedente amministratore e con i legali rappresentanti delle società “serbatoio”, ritenuti meri prestanome. Infatti, la Procura spiega che le testimonianze raccolte da una trentina di dipendenti ascoltati nel corso dell’indagine avrebbero confermato che gli amministratori formali delle società subappaltatrici non esercitavano alcun potere decisionale, né disponevano di una reale struttura organizzativa per l’esecuzione dei lavori.
L’intero sistema ha generato un volume di fatture per operazioni inesistenti per un valore complessivo di oltre 22 milioni di euro, con un’Iva indebitamente detratta pari a 3,8 milioni di euro. Le società serbatoio, che si sono succedute nel tempo, avrebbero sistematicamente omesso il versamento dell’Iva e dei contributi, mentre la “capofila” beneficiava dei relativi crediti fiscali non dovuti.
I contratti di appalto stipulati sono stati qualificati dagli inquirenti come simulati, essendo finalizzati a celare una mera fornitura di manodopera, senza alcuna effettiva autonomia organizzativa da parte delle società fornitrici.