Il 24 novembre 2025 si apre al Tribunale Regionale di Monaco di Baviera la più grande udienza civile sui risarcimenti per il cartello sui veicoli industriali sorti dalla condanna verso quasi tutti i costruttori europei emessa dalla Commissione Europea nel 2016 e che riguarda un accordo sui prezzi di vendita attuato dal 1997 al 2011. In una settimana si confronteranno in aula circa 130 avvocati ed esperti all’interno di un centro congressi allestito appositamente per gestire la mole dei procedimenti. In discussione ci sono richieste di risarcimento per miliardi di euro rivolte, tra gli altri, a Daimler, Volvo, la controllata Man del gruppo Traton, Iveco e Daf del gruppo Paccar.
L’avvio delle udienze a Monaco rappresenta la fase più avanzata tra i numerosi procedimenti avviati in Europa dopo la decisione della Commissione europea che portò a sanzioni per un totale di 3,8 miliardi di euro, dopo la collaborazione di Man come segnalante e quindi esentata dal pagamento della multa. Ma questa esenzione dalle sanzioni, tuttavia, non salva il costruttore tedesche dalle cause civili intentate dagli acquirenti dei veicoli. Negli anni successivi sono stati avviati ricorsi in circa venti Paesi europei, oltre che in Israele, con circa 500 procedimenti presentati solo in Germania. Monaco è diventata così la sede centrale per la gran parte delle controversie.
Uno dei gruppi di richiedenti più attivi è Financialright Claims, che ha acquistato e aggregato le pretese dei proprietari dei veicoli. Il primo ricorso risale al 2017, con 85mila camion oggetto di richiesta e oltre 800 milioni di euro di risarcimenti stimati, ai quali si sono aggiunte nuove azioni fino a raggiungere un totale di circa due miliardi di euro. Il contenzioso sulla legittimazione di questa formula aggregata ha rallentato la procedura, benché la Corte federale tedesca abbia confermato la validità del modello, pur lasciando aperti ulteriori margini di contestazione.
Al fianco degli operatori specializzati in questo tipo di controversie sono presenti grandi gruppi di acquirenti come Deutsche Bahn, Dhl e diverse imprese del settore logistico, che contestano un sovrapprezzo sistematico applicato dai costruttori sui listini dei veicoli medi e pesanti. Il nodo centrale è la determinazione dell’effettivo livello di rincaro attribuibile all’intesa: il tribunale ha incaricato due economisti dell’istituto Ifo di ricostruire i prezzi ipotetici che si sarebbero formati in un mercato concorrenziale. Il calcolo prevede modelli controfattuali complessi e rappresenta l’elemento decisivo per la valutazione dei singoli ricorsi.
Secondo alcune prime stime, circa dieci milioni di camion sarebbero stati venduti nel periodo del cartello e un numero di ricorsi legati potenzialmente a quattro milioni di veicoli potrebbe portare un danno pari a 2,8 miliardi di euro per ogni punto percentuale di sovrapprezzo. I tribunali di Regno Unito, Spagna e alcune sedi tedesche come Berlino e Stoccarda hanno già riconosciuto un livello di rincaro attorno al 5%, mentre gli esperti di Financialright stimano cifre anche superiori al 10%. Le Case costruttrici, invece, puntano a ridurre al minimo questa percentuale e presenteranno proprie analisi tecniche nelle udienze di Monaco.
I diversi costruttori coinvolti continuano a mantenere riserbo sulle proprie esposizioni effettive. Daimler, pur non indicando accantonamenti specifici per il caso, ha riportato un totale di rischi legali pari a 1,6 miliardi di euro nel proprio bilancio, precisando che le cause legate al cartello dei camion sono le uniche menzionate espressamente nei documenti finanziari. Traton, che controlla Man e Scania, non ha accantonato fondi in relazione alla maggior parte dei procedimenti, pur indicando possibili perdite legali per 162 milioni di euro e aumentando nel 2024 le proprie rettifiche complessive a 512 milioni di euro. Volvo, che sostiene di non avere modificato i propri prezzi in seguito all’intesa, ha stanziato 6,6 miliardi di corone svedesi per i casi con esito stimabile, oltre a 4,9 miliardi di corone per potenziali passività di difficile valutazione.
Iveco ha riportato una voce di costo pari a 32 milioni di euro legata ai procedimenti giudiziari in cui era possibile formulare una previsione, senza accantonamenti ulteriori. La revisione di Deloitte ha segnalato questa decisione come uno dei temi di rilievo discussi con la dirigenza. Paccar ha invece indicato un addebito di 600 milioni di dollari nel 2023, in seguito ai primi accordi conciliativi definiti dalla propria controllata Daf.
Accanto ai casi in corso, nuovi ricorsi continuano a emergere. Un'azione avviata nel 2024 dall’associazione tedesca dell’autotrasporto Bgl coinvolge Scania per 15mila veicoli e richieste pari a 86 milioni di euro. La posizione di Scania risulta peculiare perché il suo ricorso contro la sanzione comunitaria si è concluso solo nel 2023, riaprendo la finestra temporale per nuove iniziative legali secondo i limiti di prescrizione previsti.
Il tribunale di Monaco, con una settimana di audizioni e un confronto serrato tra periti delle parti e consulenti nominati dai giudici, dovrà stabilire un quadro di riferimento che potrebbe orientare l’intero contenzioso a livello nazionale. Gli operatori di settore e i principali costruttori seguiranno quindi da vicino l’esito, considerato determinante per la quantificazione dei rimborsi in Germania e, verosimilmente, anche negli altri procedimenti europei ancora aperti.































































