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    Dodici punti per riformare la riforma dei porti

    La "riforma della riforma" dei porti è stata illustrata il 9 ottobre 2018 a Cernobbio da Francesco Merlo, presidente di Federlogistica, associazione aderente a Conftrasporto, secondo cui la riforma non ha portato i risultati previsti a causa diversi ostacoli. Il primo è la frammentazione del sistema portuale, che è privo di una programmazione. Per esempio, solo dieci scali su 57 hanno una pianificazione a lungo termine regolarmente approvata. Inoltre, mancano le risorse per i piani operativi triennali e oggi c'è copertura per solo un terzo dei 6,3 miliardi previsti per tale voce. Tutto ciò in un contesto dove manca un coordinamento centrale nella programmazione delle opere. "Il risultato è una situazione disomogenea, con regole che cambiano da scalo a scalo e un quadro di sistema disarticolato", spiega Federlogistica.
    Il secondo nodo è una burocrazia che frena le opere, cui si aggiungono vincoli normativi e difficoltà operative di alcune Autorità di Sistema Portuale. A fronte di sessanta progetti valutati su diciassette scali, per un costo di 718 milioni di euro, le risorse usate sono il 41,76%. "Con diverse procedure, potrebbero partire investimenti pubblico-privati per quindici miliardi di euro", precisa l'associazione.
    Il terzo nodo è quello delle concessioni. Sono state introdotte dalla Legge 84/1994, che però non è stata completata da un Regolamento per fornire un'applicazione uniforme delle norme: "Abbiamo così assistito al proliferare di situazioni differenziate, con casi di concessioni rilasciate con impegni minimali a carico dei privati senza garanzie reali per le Autorità Portuali e con criteri di determinazione del canone profondamente variabili da realtà a realtà". Ciò, secondo Federlogistica, causa una distorsione del mercato.
    L'ultimo nodo riguarda l'adeguamento dei porti al gigantismo navale. Già oggi navigano 464 portacontainer con stiva tra 10mila e 20mila teu e altre 118 di grandi dimensioni entreranno in esercizio entro il 2020. "Questi giganti richiedono fondali più profondi, quindi lavori di escavazione, quindi ulteriori risorse. Dalla ricognizione effettuata, il fabbisogno complessivo di escavo nei porti italiani è stimabile in circa 85 milioni di metri cubi di materiali da dragare, di cui circa 30 milioni urgenti. Tali attività risultano, inoltre, particolarmente gravose in quei porti ricompresi all'interno di Siti di Interesse Nazionale (SIN), aree che necessitano di interventi di bonifica sotto la regia del Ministero dell'Ambiente", afferma Federlogistica, aggiungendo che "Nell'ambito degli undici porti nazionali rientranti nei SIN, (tra cui Livorno, Piombino, Napoli, Porto Torres, Brindisi, Taranto, Venezia e Trieste) le attività di bonifica sono state completate in quota variabile tra lo 0% e il 20%, al netto di Piombino, attestatosi al 45%".
    A fronte di queste considerazioni, Federlogistica e Conftrasporto hanno presentato dodici proposte per sviluppare la portualità italiana. Le prime sette rientrano nel capitolo Coordinamento e sono:

    • Ripensare la Conferenza Nazionale di Coordinamento delle Autorità di Sistema Portuale, riportandola alla configurazione originaria prevista dalla riforma, ossia la sede per definire la strategia e la programmazione nazionale.
    • Rafforzare la Direzione Porti del ministero delle Infrastrutture e Trasporti per svolgere non solo un ruolo di vigilanza, ma anche l'armonizzazione nazionale delle procedure delle ASP.
    • Attivare una task force nazionale – tra ministero delle Infrastrutture e Trasporti e quello dell'Ambiente - per fornire supporto alle Autorità di Sistema Portuale per un'omogenea implementazione delle semplificazioni procedurali introdotte per la realizzazione degli escavi portuali.
    • Il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e quello dell'Economia dovrebbero fornire indicazioni e direttive uniformi ai revisori dei conti, per una loro omogenea attività di vigilanza sull'attività delle ASP, dedicando anche una precisa formazione per le specificità dei sistemi portuali.
    • Creare un cruscotto di monitoraggio degli aspetti previsionali di medio e lungo periodo e dei piani operativi triennali di tutte le autorità di sistema portuale.
    • Promuovere una maggiore omogeneizzazione delle procedure per la sicurezza portuale, affrontando anche il tema della cybersicurezza.
    • Coordinare lo sviluppo dei sistemi ITS (Intelligent Transport System) "evitando il replicarsi della esperienza dei port community system nati a macchia di leopardo con modelli profondamente differenziati da porto a porto. In questo ambito complessivo della digitalizzazione si dovrebbe ragionare sulla funzione e sulla missione di Uirnet in chiave futura".

    Un punto riguarda le concessioni portuali: "Andrebbe emanato senza indugio, il Regolamento sulle Concessioni Portuali, previsto dall'articolo 18 della Legge 84/94 e, nelle more dell'emanazione, in considerazione del ruolo dell'Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART), sarebbe opportuna una collaborazione tra l'ART e la Direzione Porti del MIT per arrivare ad una rapida armonizzazione del sistema: non è tollerabile la differenza tra porto e porto, anche della medesima Autorità di Sistema, in termini di durata delle concessioni , piani di impresa, importi dei canoni di concessione, differenze che alterano la concorrenza e favoriscono vere forme di speculazione". Federlogistica aggiunge: "Sarebbe, in particolare, opportuno attribuire all'Autorità di Regolazione dei Trasporti ART ruolo e competenze specifiche, non solo rispetto alle nuove concessioni portuali da rilasciare, ma anche rispetto a quelle esistenti ai fini del monitoraggio, del coordinamento e del controllo dell'attuazione dei piani d'impresa. Nell'ambito di tale revisione delle competenze dell'Autorità, andrebbero individuate diverse modalità di finanziamento della stessa , ponendo a carico della collettività una attività regolatoria effettuata a garanzia d superiori interessi pubblici".
    Il terzo punto propone di riorganizzare il governo delle Autorità di Sistema Portuale in quattro punti:

    • Superare l'ambigua natura giuridica delle ASP, valutando, in primis, la modifica dell'attuale elenco Istat che annovera le Autorità Portuali tra le Amministrazioni pubbliche (sezioni Amministrazioni locali).
    • Approfondire e, nel caso dettagliare, gli ambiti applicativi del Decreto legislativo 165/2001 in tema di Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. Ad esempio, l'applicazione del contratto privatistico dei porti ai dipendenti delle ASP mal si concilia con i vincoli della pubblica amministrazione. Complessivamente andrebbe fatta una scelta definitiva e radicale in merito al funzionamento delle ASP ed in questo ambito andrebbe prevista la possibilità per il presidente di delegare ai dirigenti alcune competenze e funzioni.
    • Estendere la durata del mandato del presidente che dovrebbe essere portato da quattro a cinque anni, perché un anno di differenza può rappresentare molto rispetto agli obbiettivi prefissati.
    • Rivedere la norma sull'Organismo di Partenariato della Risorsa Mare, che dovrebbe essere un luogo vissuto dai presidenti delle ASP come sede di proposta e di ausilio alla programmazione, valorizzando il ruolo delle categorie economiche. Dovrebbe anche assorbire le funzioni attribuite alla commissione consultiva.

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