Un sistema di sicurezza inefficace, protocolli disattesi, vigilanza assente. È il quadro drammatico quello emerso dalle indagini della Procura di Ivrea sulla strage ferroviaria di Brandizzo, in cui, la sera del 30 agosto 2023, cinque operai morirono travolti da un treno mentre eseguivano lavori di manutenzione su un tratto di binario. Una tragedia che, secondo i magistrati, poteva essere evitata, ma che si è consumata all’interno di un sistema che avrebbe tollerato prassi pericolose e ignorato segnalazioni e rischi noti.
L’incidente avvenne nei pressi della stazione di Brandizzo, alle porte di Torino, durante la sostituzione di una rotaia. Gli operai – Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Giuseppe Saverio Lombardo, Giuseppe Aversa e Kevin Laganà – erano dipendenti della Sigifer, impresa incaricata in subappalto. Vennero investiti in pieno da un treno in transito sulla linea Milano-Torino, che viaggiava a 160 chilometri orari. Secondo le ricostruzioni, nessuno li avvertì del passaggio del convoglio, mentre stavano già svitando i dispositivi di ancoraggio della rotaia, con un concreto rischio di deragliamento.
Nel mirino della Procura non ci sono solo singole responsabilità operative, ma l’intero assetto organizzativo di Rete Ferroviaria Italiana e la catena di comando che va dagli appaltatori ai subappaltatori. I pubblici ministeri Valentina Bossi e Giulia Nicodemi, coordinati dalla procuratrice capo Gabriella Viglione, hanno chiuso le indagini alla fine di luglio 2025 con due novità sostanziali: gli indagati salgono a 24 – di cui 21 persone fisiche e tre società – ma decade l’ipotesi più grave, ovvero l’omicidio volontario con dolo eventuale, sostituita da omicidio colposo e disastro ferroviario colposo, a vario titolo.
Le tre società indagate sono: Rfi (committente), Sigifer (subappaltatrice, oggi in liquidazione) e Clf-Costruzioni Linee Ferroviarie (appaltatore principale del maxi-contratto per la manutenzione nel Nord-Ovest). Secondo la Procura, Sigifer non possedeva nemmeno un modello di organizzazione e gestione conforme alla normativa sulla responsabilità amministrativa degli enti, eppure ottenne l’incarico. Tra le parti offese sono elencati 28 familiari delle vittime, uno dei due macchinisti coinvolti, il Comune di Brandizzo e i sindacati Filca Cisl e Fillea Cgil.
Tra i 24 indagati compaiono due ex amministratori delegati di Rfi: Vera Fiorani, in carica fino al 19 maggio 2023, e Gianpiero Strisciuglio, subentrato e rimasto in carica fino a marzo 2025, attualmente amministratore delegato di Trenitalia. Entrambi sono chiamati in causa in qualità di datori di lavoro. Con loro risultano coinvolti altri dieci dirigenti Rfi, tutti accusati – a vario titolo – di omissioni gravi nella valutazione e nella gestione dei rischi, compresa la mancata rivalutazione del rischio aziendale dopo l’incidente. Tra gli indagati anche il capo tecnico Rfi che diede il via libera ai lavori prima dell’interruzione della circolazione ferroviaria, e il capo squadra Sigifer, che avrebbe dovuto ottenere conferma scritta. Entrambi scampati alla morte per pochi istanti.
Le indagini hanno rilevato che nel cantiere di Brandizzo non fu redatto alcun Piano operativo di sicurezza, né vennero svolte riunioni di coordinamento tra le imprese coinvolte, che erano ben tre. Nessuno segnalò le condizioni di rischio derivanti dalla compressione dei tempi operativi, con lavorazioni accelerate per rispettare scadenze e evitare penali. Anche questa dinamica è evidenziata in un’ulteriore fonte istituzionale.
L’atto di chiusura indagini descrive un Organismo di Vigilanza interno a Rfi privo di autonomia, inefficace e “assoggettato alla volontà aziendale”. La presenza al suo interno dell’internal audit avrebbe di fatto eliminato ogni garanzia di indipendenza, impedendo un’azione realmente preventiva. I magistrati sottolineano come i componenti dell’organismo si siano limitati a prendere atto di rischi noti senza adottare alcuna misura correttiva, anche dopo la tragedia.
Particolarmente appare grave la mancata applicazione delle raccomandazioni di Ansfisa, l’Autorità di sicurezza ferroviaria, che già nel 2019 aveva espresso rilievi critici sulle procedure Rfi. Tuttavia, le autorizzazioni vennero ugualmente rilasciate, dimostrando un sistema di controllo inefficace anche a livello esterno. Dopo le comunicazioni dei magistrati, Rfi ha diffuso una nota ufficiale con cui afferma di aver preso “atto della conclusione delle indagini preliminari” e di ribadire “la fiducia nell’operato della magistratura”, confermando la piena collaborazione con gli organi competenti.
































































