È una vera stangata la multa di 936 milioni di euro erogata dall’Autorità Garante della Concorrenza alle sei principali compagnie petrolifere operanti in Italia, accusate di avere attuato un’intesa anti-concorrenziale sulla componente bio dei carburanti, in vigore tra il 2020 e il 2023. L’importo così elevato deriva dalla classificazione di “molto grave” considerata dall’Autorità. Il provvedimento del 23 settembre 2025 ritiene che Eni, Esso Italiana, Italiana Petroli (IP), Kuwait Petroleum Italia (Q8), Saras e Tamoil abbiano coordinato l’applicazione degli aumenti della componente bio, voce di prezzo destinata a coprire gli obblighi normativi di miscelazione dei biocarburanti. L’intesa, durata oltre tre anni, avrebbe inciso sul mercato nazionale dell’immissione in consumo di benzina e gasolio, segmento nel quale le società coinvolte detengono insieme oltre il 90% dei volumi.
Secondo l’Autorità, l’allineamento dei valori della componente bio, partito nel primo trimestre del 2020 con un livello comune di 26 euro per metro cubo, non era spiegabile dai soli costi sostenuti dalle imprese e ha eliminato l’incertezza competitiva. Il coordinamento ha permesso di riversare totalmente i costi sui clienti e, in più, di generare margini addizionali su una voce che avrebbe dovuto riflettere i costi effettivi delle singole aziende.
La pubblicazione dei valori sulla Staffetta Quotidiana (non coinvolta nell’indagine) ha avuto un ruolo decisivo come strumento di controllo. In particolare Eni, ritenuta promotrice e stabilizzatrice del cartello, ha fornito indicazioni ai concorrenti e ai clienti contribuendo a trasformare la tariffa in un parametro ufficiale di riferimento. Ciò ha rafforzato la trasparenza artificiale e impedito la concorrenza sui differenziali di prezzo.
L’Autorità ha stabilito sanzioni amministrative pecuniarie per un totale di 936.659.087 euro. La compagnia più colpita è Eni, con una sanzione di 336,2 milioni di euro, seguita da Italiana Petroli (163,6 milioni), Kuwait Petroleum Italia (172,5 milioni), Esso Italiana (129,3 milioni), Tamoil (91 milioni) e Saras (43,7 milioni). Le multe sono state calcolate sul valore delle vendite del 2022 e restano sotto al limite massimo del dieci perento del fatturato mondiale.
Secondo l’Autorità, gli effetti sul mercato sarebbero stati rilevanti. Essa scrive che l’eliminazione dell’incertezza ha generato un ambiente collusivo stabile, traducendosi in prezzi finali più alti per distributori e consumatori. L’uso di una trasparenza artificiale avrebbe anche bloccato la possibilità di concorrenza basata su efficienze individuali. Infine, in un settore già caratterizzato da struttura oligopolistica, l’intesa ha rafforzato il potere delle sei compagnie, rendendo il mercato meno reattivo e più rigido. Il provvedimento impone alle società di astenersi da comportamenti analoghi e prevede il pagamento delle sanzioni entro novanta giorni dalla notifica.































































