A luglio 2023, la Commissione Europea ha presentato la proposta COM(2023) 445 per riformare la Direttiva comunitaria che potrà cambiare pesi e dimensioni dei veicoli industriali. Tale proposta fa parte del Greening Freight Transport Package, che intende ridurre le emissioni e aumentare l’efficienza del trasporto delle merci. Questo pacchetto ha quattro obiettivi: incentivare le tecnologie a zero emissioni, facilitare l’uso di soluzioni per il risparmio energetico, sostenere il trasporto intermodale e permettere l’uso trans-frontaliero degli European Modular Systems (Ems), ossia complessi di veicoli industriali che possono raggiungere una lunghezza fino a 25,25 e una massa complessiva fino a 60 tonnellate. Ora questi veicoli possono viaggiare solo all’interno dei Paesi che li autorizzano e richiedono accordi bilaterali per attraversare i confini e la proposta vuole agevolare la loro circolazione.
Il Parlamento Europeo ha approvato questo pacchetto in prima lettura il 12 marzo 2024, con un emendamento che impone agli Stati membri di svolgere valutazioni preventive sull’impatto degli Ems su sicurezza stradale, infrastrutture e trasferimento modale. Il fascicolo è poi passato all’approvazione del Consiglio d’Europa, dove però si è incagliato a causa del disaccordo tra i rappresentanti dei Governi comunitari. A novembre 2024 – nell’ambito della presidenza ungherese del Consiglio UE - il vice-ministro dei trasporti ungherese Nándor Csepreghy affermò che "gli Stati membri non sono preparati a raggiungere un accordo entro la fine del 2024".
A gennaio 2025 la presidenza polacca ha quindi acquisito il fascicolo, che a luglio lo ha trasmesso praticamente intonso alla presidenza danese, che invece ha dichiarato che la revisione della direttiva pesi e dimensioni è tra le sue priorità in ambito trasporti. In particolare, vuole favorire un accordo che consenta la circolazione transfrontaliera di questi camion senza permessi speciali tra i Paesi che ne autorizzano l'uso. E quindi si è riacceso il dibattito tra favorevoli e contrari, sia in ambito comunitario che nazionale.
I due fronti appaiono netti: sono favorevoli alcune associazioni dell’autotrasporto (soprattutto quelle che rappresentano le grandi flotte) e contrarie quelle delle ferrovie. Sul primo fronte ci sono le confederazioni Uetr e Iru. La prima ha sottolineato come l'autorizzazione agli Ems nel trasporto internazionale offra "maggiore capacità, produttività e risponde alla necessità di mitigare la crescente carenza di autisti", mentre la seconda punta sulla decarbonizzazione, perché la circolazione di complessi più capienti ridurrebbe il numero totale dei veicoli.
Sulla questione sono intervenuti anche i costruttori di veicoli industriali attraverso la loro associazione europea Acea, che ha espresso un cauto sostegno favorevole alla revisione. L'associazione ha sottolineato che l'aggiornamento dei limiti di peso, peso per asse e lunghezza è "essenziale per garantire che i camion elettrici a batteria e alimentati a idrogeno possano competere su un piano di parità con i modelli diesel convenzionali".
Il comparto ferroviario ritiene viceversa che una maggiore libertà per gli Ems comporterebbe conseguenze “disastrose” per il trasporto su rotaia. La Cer ha chiaramente parlato di un ritorno alla strada che vanificherebbe decenni d’investimenti nella ferrovia. Questa associazione, insieme con altre del comparto (Uic, Uirr, Erfa e Uip) ha commissionato un studio alla tedesca d-fine, da cui risulta che l’autorizzazione agli Ems sposterebbe il 21% delle merci dalla strada alla rotaia, con perdite fino al 16% per il trasporto intermodale.
Questa divisione attraversa anche i Governi ed è la causa dello stallo al Consiglio UE. Paesi come Germania, Paesi Bassi e alcuni Stati nordici che già utilizzano sistemi Ems nelle loro reti nazionali tendono a essere più favorevoli alla proposta, mentre altri Stati membri, inclusa l'Italia, hanno finora espresso riserve. La Francia mantiene una posizione particolarmente restrittiva, non permettendo attualmente questi complessi veicolari neppure sul suo territorio.
Questa è quindi una grande sfida per i decisori europei, perché non è facile trovare un compromesso – sempre che ci sia – tra le due posizioni. Quale che sarà la decisione finale, i suoi effetti andranno ben oltre il settore trasporti, influenzando gli investimenti in infrastrutture, la competitività industriale europea, il raggiungimento degli obiettivi climatici e la sicurezza stradale. Il ritardo nel processo decisionale sta già causando incertezza negli investimenti e potrebbe compromettere il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione previsti per il 2030.




























































