L’Iru ha diffuso il 6 ottobre 2025 una ricerca sull’incidenza dei costi del carburante e dei pedaggi per i veicoli industriali in Europa, intitolata “Driving profitability: Fuel, tolling and cost trends in
the EU”. Per quanto riguarda il gasolio, ad agosto 2025 il prezzo medio ponderato nell’Unione Europea si è attestato a 1,54 euro al litro, in calo del 2,6% rispetto all’anno precedente. Dietro una stabilità apparente si nasconde però una forte divergenza tra mercati nazionali, guidata dalle differenze fiscali: si passa dal minimo di 1,21 euro al litro a Malta al massimo di 1,87 euro al litro in Irlanda.
Secondo l’Iru, le tasse rappresentano circa metà del prezzo finale del carburante, ma la pressione varia in modo sostanziale. L’Italia registra la quota fiscale più elevata d’Europa, con accise e Iva che incidono per il 61% sul prezzo alla pompa. L’accisa media europea è di 0,45 euro al litro, ma molti Paesi – tra cui Italia, Francia e Spagna – ne restituiscono una parte agli operatori del trasporto merci, riducendo il costo totale di esercizio.
Il gasolio resta quindi il riferimento del trasporto su strada, ma la composizione del suo prezzo evidenzia cambiamenti strutturali. La materia prima (greggio) copre circa il 34% del costo finale, mentre i costi di distribuzione hanno registrato un aumento marcato: 0,21 euro al litro nel 2024, con una crescita del 133% dal 2015. Al contrario, i costi di raffinazione sono diminuiti del 55% tra il 2022 e il 2024, riducendo i margini delle raffinerie.
Tra i carburanti alternativi, il biodiesel Hvo resta mediamente più caro del 22% rispetto al gasolio fossile, tranne che in Italia dove risulta leggermente più economico. Il gas naturale compresso ha mostrato invece un allentamento della volatilità dopo la crisi energetica, con prezzi all’ingrosso scesi a 0,55 euro/kg nel 2024. L’andamento del gas naturale è determinante anche per il costo dell’additivo AdBlue, il cui consumo medio rappresenta circa il 5% del volume di gasolio.
Sul fronte dei pedaggi, l’Iru sottolinea che nei Paesi con tariffazione a distanza – come Austria, Ungheria e Germania – il costo chilometrico può superare quello del carburante. In Germania i pedaggi incidono fino al 15% sul costo totale di possesso del veicolo, con tariffe che raggiungono 0,62 euro/km in Austria. L’introduzione della componente CO2, prevista dalla revisione della direttiva Eurovignette, ha aumentato dell’83% le tariffe per i veicoli industriali Euro VI tedeschi, aggiungendo una terza voce al sistema: ai costi infrastrutturali e agli oneri ambientali si è ora sommata la tariffa per emissioni.
Il nuovo quadro regolatorio favorisce i veicoli a zero emissioni. In Germania un autocarro elettrico a batteria risulta oggi più conveniente nel lungo periodo rispetto a un diesel, nonostante il prezzo d’acquisto superiore. Secondo le simulazioni dell’Iru, la differenza media di pedaggio tra un veicolo Euro 0-IV e uno a zero emissioni supera il 60%.
La tendenza europea è verso sistemi di pedaggio basati sulla distanza: la Danimarca ha già introdotto un nuovo modello con aumenti del 500% rispetto al precedente sistema a vignette, mentre i Paesi Bassi avvieranno un analogo schema nel 2026.
Nel contesto italiano, il rapporto dell’Iru indica che rientra tra i primi cinque per volume di merci trasportate su strada nell’UE e possiede una delle flotte a carburanti alternativi più ampie, dominata da veicoli a gas naturale compresso o liquefatto che rappresentano l’84% del parco non tradizionale. L’Italia si distingue anche per l’adozione dell’Hvo, unico mercato dove risulta competitivo rispetto al gasolio.
Sul piano fiscale, la pressione italiana resta la più alta d’Europa, anche se i rimborsi parziali delle accise attenuano l’impatto per gli operatori. I pedaggi italiani, basati principalmente sulla distanza, non includono ancora la componente CO2, a differenza di Germania e Austria. L’assenza temporanea di questo costo aggiuntivo offre un vantaggio competitivo nel breve termine, ma ci sarà incremento strutturale quando la direttiva sarà pienamente recepita.
Il quadro delineato dall’Iru mostra quindi che la redditività del trasporto merci europeo dipende sempre meno dal prezzo del greggio e sempre più dalle scelte fiscali e ambientali nazionali. Le politiche su accise e pedaggi CO2 stanno ridefinendo le strategie operative e accelerando la transizione verso flotte a basse o nulle emissioni, con l’Italia in posizione intermedia tra i Paesi a forte pressione fiscale e quelli già orientati alla nuova struttura tariffaria ambientale.

































































