Un articolato sistema di frode fiscale nel commercio internazionale, che ha permesso l'importazione illecita dalla Cina di merci per decine di milioni di euro, è stato smantellato dalle indagini coordinate dalla Procura Europea-Ufficio di Roma e condotte dalla Guardia di Finanza di Roma e Firenze. L’operazione si è conclusa con un sequestro preventivo di beni per oltre 71 milioni di euro, emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze. Le indagini hanno rivelato un complesso schema criminoso messo in atto da un'organizzazione composta prevalentemente da imprenditori di origine cinese, inseriti nel tessuto economico italiano, con la complicità di professionisti locali.
Al vertice della struttura criminale operava una coppia di coniugi cinesi che, tramite una rete di società con sedi tra le province di Firenze, Prato e Roma, ha immesso sul mercato italiano prodotti quali abbigliamento, calzature, borse e accessori vari, evadendo totalmente l’Iva grazie all’uso fraudolento del cosiddetto "regime doganale 42". Questo regime consente l'immissione in libera pratica di merci in uno Stato dell'Unione Europea senza pagare Iva e dazi doganali, a condizione che tali beni siano destinati a essere consumati in un altro Paese membro.
La rete criminale, sfruttando questo meccanismo, dichiarava l’ingresso delle merci principalmente in Bulgaria, Ungheria e Grecia. Tuttavia, invece di essere consumate in quei Paesi, le merci venivano trasportate direttamente negli hub logistici italiani, accompagnate da false fatturazioni di cessioni intracomunitarie tra operatori inesistenti. Per evitare accertamenti delle autorità fiscali e doganali, le società coinvolte avevano una breve durata operativa, mediamente di due anni, per essere poi rimpiazzate da nuove entità aziendali appositamente create dal gruppo criminale.
Le indagini hanno inoltre evidenziato un'altra attività illecita dell'associazione criminale: servizi clandestini di trasferimento di denaro verso la Cina. Questo sistema parallelo di intermediazione finanziaria veniva offerto alla comunità cinese residente stabilmente in Italia, in cambio di commissioni calcolate sugli importi trasferiti. In totale, sono diciassette gli indagati, di cui tredici di origine cinese e quattro italiani, accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alla frode tributaria e di abusiva attività finanziaria.