La proposta di Legge quadro sugli interporti, giunta alla terza lettura alla Camera e in attesa di approvazione definitiva, contiene passaggi che potrebbero configurare profili di illegittimità costituzionale. A sollevare l’attenzione è una relazione tecnico-giuridica redatta dallo studio legale Donativi e Associati per la Camera di commercio di Padova, discussa in un seminario che si è svolto il 2 ottobre 2025 a Milano con la partecipazione delle Camere di commercio di Padova e Milano, Confindustria Trasporti, Logistica e Industria del Turismo e della Cultura, Fermerci e Assologistica.
Secondo la relazione, il testo della Legge, così come formulato, rischia di compromettere la solidità economica degli interporti già esistenti, imponendo obblighi finanziari che andrebbero a gravare soprattutto sui gestori più solidi. L’appello lanciato da Padova, sede del secondo interporto italiano con 45 milioni di capitale sociale, è di “fare rete” per richiedere al Parlamento una revisione radicale della norma, a tutela del sistema economico nazionale e delle imprese del settore.
Il testo legislativo introduce la definizione di rete nazionale degli interporti come infrastruttura strategica, fissandone il numero massimo a trenta e affidando al ministero dei Trasporti, insieme con un Comitato nazionale per l’intermodalità, poteri di indirizzo sulle scelte gestionali. In particolare, il comma 2 dell’articolo 5 è ritenuto critico: letto in senso letterale, obbligherebbe i gestori degli interporti operativi a sostenere con risorse proprie la realizzazione di nuovi scali e l’adeguamento di quelli esistenti.
Lo studio legale sostiene che una simile interpretazione limiterebbe la libertà di iniziativa economica garantita dall’articolo 41 della Costituzione, discriminando i gestori rispetto ad altri operatori della logistica e dei trasporti. Verrebbero inoltre coinvolti gli articoli 3, 23, 42, 47 e 53, poiché la norma imporrebbe oneri senza adeguata copertura legislativa, incidendo anche su interporti a capitale privato o misto pubblico-privato, con conseguenze sulla raccolta di capitali e sull’accesso ai mercati regolamentati.
Al seminario di Milano, le preoccupazioni sono state condivise da Antonio Santocono, presidente della Camera di commercio di Padova e di Unioncamere Veneto, da Leopoldo Destro per Confindustria Trasporti, Logistica e Industria del Turismo e della Cultura, da Giuseppe Rizzi per Fermerci e da Umberto Ruggerone per Assologistica. La richiesta comune è una correzione del testo normativo, in particolare del comma 2, per evitare di scoraggiare investimenti e compromettere i modelli gestionali già consolidati.
La Camera di commercio di Padova ha sottolineato anche il rischio di disparità tra operatori, con i gestori esistenti chiamati a farsi carico di oneri da cui altri soggetti resterebbero esclusi. Una situazione che, secondo i rappresentanti del settore, rischierebbe di frenare progetti di sviluppo sostenibile e di mettere in difficoltà occupazione e competitività delle aree più attive nell’intermodalità.

























































