Il 16 luglio 2025, il Gruppo Stellantis (che comprende Fiat, Peugeot, Citroen e Opel) ha annunciato d’interrompere il programma di sviluppo della tecnologia a celle a combustibile per alimentare veicoli elettrici, precisando che quindi non prevede l’adozione di veicoli commerciali leggeri a idrogeno prima della fine del decennio. I precedenti programmi prevedevano che entro l’estate 2026 il Gruppo avrebbe iniziato la produzione della gamma di furgoni Pro One a Hordain, in Francia e a Gliwice, in Polonia.
Le decisione, spiega Stellantis, deriva “della limitata disponibilità di infrastrutture per il rifornimento di idrogeno, degli elevati requisiti di capitale e della necessità di maggiori incentivi all’acquisto da parte dei consumatori”. Jean-Philippe Imparato, Chief Operating Officer per l’Europa allargata, aggiunge che “il mercato dell’idrogeno rimane un segmento di nicchia, senza prospettive di sostenibilità economica a medio termine. Dobbiamo fare scelte chiare e responsabili per garantire la nostra competitività e soddisfare le aspettative dei nostri clienti con la nostra offensiva di veicoli elettrici e ibridi per passeggeri e veicoli commerciali leggeri”.
L’annuncio di Stellantis rappresenta la fine di un percorso cominciato oltre vent’anni fa, tra promesse di rivoluzione tecnologica, investimenti multimilionari e una visione a lungo termine che si è scontrata con la realtà di un mercato ancora acerbo e strutturalmente inadatto. La storia dell’idrogeno in casa Stellantis affonda le radici nel 2001, quando Opel – allora ancora parte di General Motors – presentò la HydroGen1, un prototipo basato sulla Zafira che percorse quasi 1.400 chilometri in 24 ore nel deserto dell’Arizona, stabilendo undici record internazionali. Fu un debutto che collocò il gruppo tra i pionieri europei della propulsione a idrogeno e aprì la strada a un ventennio di ricerche portate avanti dal Centro Globale per le Fonti Energetiche Alternative. Per anni la tecnologia rimase confinata in ambito sperimentale, ma l’impegno fu costante e metodico, con Opel che accumulò una delle esperienze più importanti nel settore delle celle a combustibile.
La svolta commerciale arrivò nel 2021 con la presentazione del primo veicolo a idrogeno prodotto in serie da Stellantis: l’Opel Vivaro-e Hydrogen. Si trattava di un furgone plug-in che univa una batteria elettrica ricaricabile alla tecnologia a celle a combustibile, garantendo 400 chilometri di autonomia a idrogeno e ulteriori 50 grazie alla carica elettrica, con tempi di rifornimento di appena tre minuti e capacità di carico inalterata rispetto ai modelli diesel.
Nel 2022, Stellantis compì un ulteriore passo in avanti nominando Jean-Michel Billig Chief Technology Officer per l’idrogeno e inaugurando a Hordain, in Francia, il primo impianto al mondo capace di produrre sulla stessa linea veicoli a idrogeno, elettrici e termici. La capacità produttiva iniziale dello stabilimento era di cinquemila unità all’anno, e il Gruppo si pose l’obiettivo di salire a 100mila veicoli a celle a combustibile entro il 2030. Per rafforzare ulteriormente il controllo tecnologico, Stellantis acquisì il 33,3% della joint venture Symbio, fondata con Michelin e Forvia, puntando alla produzione su larga scala di celle a combustibile con una grande fabbrica a Saint-Fons.
La gamma di veicoli allora annunciata era ampia e ambiziosa. Oltre al Vivaro-e, vennero lanciati i modelli gemelli Peugeot e-Expert Hydrogen, Citroën ë-Jumpy Hydrogen, Fiat e-Scudo Hydrogen e i grandi furgoni e-Ducato, Movano e ë-Jumper. Tutti con la stessa impostazione tecnologica: propulsione con celle a combustibile affiancata da una batteria elettrica per aumentare l’autonomia e garantire la flessibilità di utilizzo.
Però il mercato non ha risposto. I dati di vendita sono rimasti notevolmente inferiori rispetto alle aspettative e alla capacità produttiva. Nel 2022 furono venduti appena 350 veicoli, a fronte di una capacità di cinquemila unità. L’anno successivo le vendite salirono a circa 500, mentre nel 2024 si stimavano solo 800 consegne su una capacità installata di 15mila unità. Il divario tra obiettivi e realtà è diventato via via più evidente, e con esso anche la difficoltà di giustificare economicamente un programma dai costi industriali molto elevati.
Uno dei principali ostacoli alla diffusione della tecnologia è stata l’assenza di una rete di rifornimento adeguata. In tutta Europa, le stazioni di idrogeno operative erano meno di novecento, concentrate prevalentemente in Germania e Francia. Ciò ha reso impraticabile l’adozione di veicoli a idrogeno per usi quotidiani, soprattutto in ambito commerciale, dove l’efficienza operativa è un requisito essenziale. Anche i costi di produzione, pur in calo significativo (da 130mila a 75mila euro per veicolo), sono rimasti troppo alti rispetto ai veicoli elettrici a batteria o ibridi, che nel frattempo hanno beneficiato di incentivi pubblici sempre più generosi.
Il confronto con i concorrenti rende il cambio di rotta ancora più evidente. Toyota continua a scommettere sull’idrogeno, mantenendo in produzione la Mirai e sviluppando furgoni e camion con celle a combustibile. Hyundai adotta un approccio cauto ma costante, con modelli come la Nexo e soluzioni per il trasporto pesante. Daimler Trucks, al contrario, ha scelto di rivedere la propria strategia, proprio come Stellantis, preferendo una piattaforma multi-energia capace di adattarsi a esigenze e contesti diversi. Nonostante l’uscita di scena, il programma Stellantis non può essere considerato un fallimento totale. Le competenze sviluppate nel campo della propulsione a idrogeno, l’esperienza industriale accumulata e i progressi tecnologici potrebbero tornare utili in futuro, quando le condizioni di mercato e le infrastrutture renderanno l’idrogeno una reale alternativa su vasta scala.
































































