Il 4 luglio 2025 Deltamarin ha presentato il progetto concettuale di una nave portacontainer feeder da 3.500 teu alimentata ad ammoniaca, frutto della collaborazione con Mærsk Mc-Kinney Møller Center for Zero Carbon Shipping, Maersk, Eltronic FuelTech, Everllence, Lloyd’s Register, The Decarb Hub e l’American Bureau of Shipping. Il progetto concettuale mostra che il combustibile azotato può entrare in servizio commerciale mantenendo gli standard di sicurezza delle navi convenzionali. Questo progetto concettuale offre quindi agli armatori una piattaforma già industrializzabile, indicando al contempo le prossime sfide: sviluppare caldaie e ausiliari al 100% ammoniaca, scalare l’infrastruttura di bunkeraggio e completare il quadro normativo definitivo.
La nave misura 211,9 metri di lunghezza e 35,2 di larghezza, con una capacità di 3.374 teu, di cui 400 refrigerati. Al centro scafo è installato un serbatoio prismatico Type A completamente refrigerato da 4.300 m3, una scelta che sacrifica solo 128 teu rispetto a una feeder tradizionale ma assicura la massima efficienza volumetrica e riduce al minimo l’evaporazione del carburante. La propulsione principale è affidata a un motore Man ES 8G60 dual-fuel che eroga circa 18.500 kW, supportato da tre generatori ausiliari da 1.935 kW, anch’essi predisposti per bruciare ammoniaca. Due impianti di re-liquefazione ridondanti mantengono la pressione del serbatoio entro un intervallo di sicurezza, evitando sfoghi in atmosfera e garantendo continuità operativa anche in caso di guasto singolo.
Fin dall’inizio, la sicurezza è stata posta al centro del progetto concettuale. Serbatoio, bunker station e spazi di servizio sono riuniti in una “zona ammoniaca” segregata, distante dal cassero di poppa che ospita alloggi e plancia. Uno sfiato prolungato allontana i vapori da aree frequentate, mentre le sale di preparazione del carburante, incassate alla base della zona alloggi e separate da una intercapedine di sicurezza (cofferdam) a tenuta di gas, riducono la lunghezza delle tubazioni e l’esposizione dell’equipaggio. Corridoi stagni, ventilazioni dedicate, sistemi di drenaggio e un eventuale Ammonia Release Management System completano la rete di barriere fisiche e procedurali.
Le analisi di rischio hanno confermato l’efficacia di questo approccio: la Hazid iniziale (il processo d’identificazione dei pericoli) aveva individuato 24 scenari “estremi” e 77 “elevati”, tutti ricondotti entro soglie accettabili grazie a ulteriori protezioni e procedure; la successiva Hazop (studio dei pericoli e dell’operatività) ha ridotto i rischi “alti” a otto, mentre la Qra (valutazione quantitativa del rischio) ha dimostrato che l’indice di rischio individuale a bordo rientra ampiamente nei limiti internazionali.
Il risultato è valso al concept una doppia Approval in Principle da parte di Lloyd’s Register e Abs, che attestano la conformità al quadro normativo Igf Code e Solas tramite il percorso di “alternative design”. “Con questo studio passiamo dai proclami alla concretezza ingegneristica: abbiamo dimostrato che, integrando le giuste barriere sin dall’inizio, le navi alimentate ad ammoniaca possono rappresentare una via sicura e praticabile verso la decarbonizzazione dello shipping”, ha commentato Evangelos Fragkoulis, Head of Ship Design del centro danese.


































































