La vertenza sull’autoproduzione nei porti italiani ha uno svolgimento carsico, alternando momenti di conflittualità a momenti di calma. A ottobre 2025 una sentenza del Tar di Salerno ha riacceso la tensione. La Prima Sezione ha autorizzato il 14 ottobre 2025 la compagnia Cartour – controllata da Caronte&Tourist - a svolgere nel porto campano operazioni di rizzaggio e derizzaggio con il personale delle proprie navi. Una decisione che contraddice precedenti orientamenti dello stesso tribunale e quindi apre uno scenario d’incertezza normativa.
I giudici salernitani hanno richiamato la sentenza "Siderurgica Gabrielli" del 1991, sostenendo che la Corte di Giustizia dell'Unione Europea impedisce l'imposizione a una qualsiasi impresa del settore marittimo dell'obbligo di servirsi, per l'esecuzione delle operazioni portuali, di maestranze esclusivamente locali. Il tribunale ha anche stabilito che né nella Legge né nel regolamento attuativo sono state "introdotte norme ostative alla possibilità di autorizzare lo svolgimento anche di una sola parte del ciclo complessivo delle attività portuali". I giudici hanno ritenuto "non rilevante" la precedente sentenza negativa del marzo 2024, in quanto relativa al comma 4 bis dell'articolo 16 (autoproduzione) e non al comma 3 (autorizzazione come impresa portuale).
Il quadro normativo dell'autoproduzione portuale si fonda sull'articolo 16 della Legge 84/1994, modificato sostanzialmente nel 2020 e successivamente integrato dal Decreto Legislativo 199/2023, noto come "decreto Gariglio". La normativa attuale prevede che le compagnie armatoriali possano svolgere autonomamente operazioni portuali solo in presenza di specifici e rigorosi requisiti, tra cui l'impossibilità di affidare tali operazioni ad imprese portuali autorizzate o a fornitori di manodopera temporanea.
Il Decreto Gariglio ha introdotto ulteriori restrizioni, richiedendo che il personale marittimo adibito all'autoproduzione sia esclusivo e aggiuntivo alla tabella di armamento, con l'applicazione delle stringenti norme del contratto collettivo nazionale di riferimento. Questa normativa era stata concepita per "chiarire, normare e restringere il ricorso all'autoproduzione nei porti", in coerenza con le normative comunitarie e internazionali.
Ma nella questione s’inserisce nella più ampia normativa europea sulla concorrenza, con riferimento all'articolo 56 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, che stabilisce il divieto di restrizioni alla libera prestazione dei servizi. La sentenza "Siderurgica Gabrielli" del 1991 ha stabilito il principio secondo cui le imprese di trasporto marittimo dovrebbero essere autorizzate, in mancanza di ragioni prevalenti di interesse pubblico, a svolgere operazioni portuali mediante maestranze proprie.
L'Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale, guidata dal commissario Eliseo Cuccaro, sta valutando un eventuale appello, perché prima della sentenza aveva respinto la richiesta di Cartour dell’autoproduzione, sostenendo che la compagnia non avrebbe dimostrato l'esclusività di impiego del personale e che non era conforme al contratto collettivo nazionale di lavoro dei marittimi. Quindi, l'ente portuale ha considerato la richiesta sostanzialmente riconducibile a una reiterata richiesta di autorizzazione all'autoproduzione già precedentemente respinta.
I sindacati hanno alzato la voce, preoccupati anche del fatto che i giudici salernitani hanno dichiarato che il contratto collettivo non ha valore normativo, quindi non può porsi in contrasto con un’interpretazione della Legge ritenuta corretta. Una visione che potrebbe essere applicata in altri porti, oltre che indebolire le tutele dei lavoratori.
In una nota, la Filt Cgil ha evidenziato i rischi di "dumping sociale, concorrenza sleale e compressione dei diritti dei lavoratori" che potrebbero derivare da una maggiore liberalizzazione dell'autoproduzione. Il sindacato ha inoltre annunciato la propria disponibilità a "intervenire ad adiuvandum nel giudizio di impugnazione" per affiancare l'Autorità portuale nella difesa del principio di legalità.
L’autoproduzione preoccupa anche l’Associazione Nazionale Compagnie e Imprese Portuali, secondo cui questo fenomeno può determinare pericolose disfunzioni sotto il profilo operativo e una violazione dei principi in materia di concorrenza, in danno delle imprese portuali locali. Sul versante opposto c’è l’Alis, secondo cui le restrizioni all’autoproduzione posso ledere la competitività del trasporto marittimo, aumentando i costi per gli armatori.





























































