Il primo settembre 2025 la Procura di Catania ha chiuso un’indagine su una serie di furti avvenuti nei semirimorchi parcheggiati nell’area ad accesso controllato del porto con la denuncia di tre autisti di un’impresa di autotrasporto per furto aggravato in concorso. Secondo la Polizia di Frontiera, che ha condotto l’inchiesta, i tre uomini – due pregiudicati di 34 e 41 anni e un incensurato di 64 – sfruttavano la propria posizione lavorativa per depredare i semirimorchi e i due più giovani sono stati accusati anche di ricettazione: nella cabina dei loro camion la polizia ha trovato prodotti rubati pronti per essere venduti sul mercato nero.
Secondo la ricostruzione degli investigatori, il gruppo agiva con un metodo preciso e collaudato. Uno dei tre restava a bordo del camion per sorvegliare l’area, mentre gli altri due forzavano i semirimorchi e sottraevano la merce, che veniva poi caricata sui trattori stradali dell’azienda per cui lavoravano per essere spostata altrove. La refurtiva comprendeva soprattutto beni di largo consumo e facilmente rivendibili, come prodotti alimentari, detersivi, deodoranti e piccoli elettrodomestici. Il valore complessivo ammontava a svariate migliaia di euro.
L’inchiesta era partita dopo una serie di segnalazioni di furti ai danni di semirimorchi carichi di collettame. La circostanza che i colpi avvenissero in zone ad accesso limitato ha spinto subito i sospetti verso personale autorizzato. La svolta è arrivata grazie all’analisi incrociata delle immagini dei sistemi di videosorveglianza del porto e dei filmati ai varchi di ingresso e uscita, insieme con servizi di osservazione sul campo. Proprio questi ultimi hanno permesso agli agenti di cogliere i tre in flagrante. Durante i pedinamenti, gli investigatori hanno trovato parte della merce rubata nascosta negli abitacoli dei trattori.
Da parecchi anni gli autotrasportatori denunciano furti nei semirimorchi, o degli stessi semirimorchi, parcheggiati nel porto di Catania. Nel 2021 la Fai Sicilia lanciò un allarme in proposito. Grazie anche a questo allarme, nel novembre del 2014 la Procura smantellò, nell’ambito dell’operazione Waterfront, una banda che almeno dal marzo dell’anno precedente aveva rubato interi semirimorchi di generi alimentari per un valore di 800mila euro. Al termine dell’inchiesta, la Polizia arrestò diciotto persone. Questa banda reperiva trattori stradali a cui agganciava i semirimorchi appena scaricati dai traghetti, approfittando del momento in cui i portuali erano impegnati nella movimentazione di altri rimorchi.
A maggio 2024 avvennero altri sei arresti in un’altra banda che sottraeva merce dai semirimorchi, in puntando soprattutto su alimentari, detersivi, deodoranti e piccoli elettrodomestici. In questo caso i ladri usavano autovetture rubate per svolgere i sopralluoghi, con targhe false per ingannare le telecamere di sorveglianza delle aree ad accesso controllato. L’inchiesta rivelò anche la complicità di operatori portuali del settore pesca.
Nel tempo, l’Autorità portuale ha inserito e aumentato le misure di sorveglianza dell’area dove sono parcheggiati i semirimorchi, attivando una videosorveglianza 24 ore, il controllo degli accessi automatizzato con lettura delle targhe, sistemi anti-intrusioni, l’ispezione sotto-veicolare e metal detector. Per controllare e regolare gli accessi, l’Autorità ha disposto il controllo dei dei precedenti penali per tutti i lavoratori portuali, autorizzazioni specifiche per diverse categorie di operatori, identificazione obbligatoria ai varchi di ingresso e registrazione di tutte le chiamate ai gate per almeno cinque anni. Il sistema prevede la conservazione delle immagini per un periodo di 72 ore, estendibile in caso di richieste investigative da parte dell'Autorità Giudiziaria o di Polizia Giudiziaria.





























































