La manomissione dei sistemi antiparticolato e Nox Fap e AdBlue dei veicoli diesel, leggeri e pesanti, è un fenomeno diffuso in tutta Europa, che annulla i benefici delle normative per la riduzione delle emissioni inquinanti. Scoprirle non è semplice, ma ci sono nuovi equipaggiamenti per farlo. La Polizia Stradale italiana ha avviato a novembre 2025 una campagna di controlli tecnologici avanzati per contrastare questo fenomeno, con particolare attenzione ai camion e agli autocarri. È un importante salto di qualità nella lotta contro i cosiddetti "furbetti del diesel" che disattivano o rimuovono i dispositivi antinquinamento per evitare costi di manutenzione.
La prima fase operativa è stata avviata dalla Sottosezione della Polizia Stradale di Palmanova, in provincia di Udine, che a inizio di novembre 2025 ha ricevuto cinque dispositivi diagnostici di ultima generazione. L'iniziativa nasce dalla collaborazione tra la Polizia Stradale del Friuli Venezia Giulia e Autostrade Alto Adriatico, la società concessionaria che ha acquistato e fornito gli strumenti per contrastare le condotte che alterano le emissioni dei veicoli.
I controlli si stanno concentrando inizialmente sull'autostrada A4 Venezia-Trieste e sulla rete gestita da Autostrade Alto Adriatico, tratte che rappresentano i principali corridoi dei traffici est-ovest e sono caratterizzate da un numero elevato di veicoli industriali in transito, soprattutto stranieri. La scelta di questa area non è casuale: i primi accertamenti svolti dal Compartimento della Polizia Stradale di Trieste hanno fatto emergere una frequenza importante di manomissioni e alterazioni dei dispositivi antinquinamento.
Gli strumenti in dotazione alla Polizia Stradale sono dispositivi portatili che si collegano direttamente alla presa Odb (On-Board Diagnostics) del veicolo, presente su tutti i veicoli delle ultime generazioni e solitamente posizionata sotto il cruscotto. Attraverso questa connessione, il sistema legge in tempo reale i dati della centralina elettronica del motore, permettendo di verificare il corretto funzionamento dei principali componenti legati al contenimento delle emissioni.
Con questo sistema, gli agenti possono analizzare parametri ed elementi molto importanti come: pressione dei gas di scarico prima e dopo il Fap e se il filtro funziona correttamente i valori corrispondono a quelli previsti dal costruttore; i livelli di particolato (se sono nella norma o anomali); la presenza dell’additivo nel serbatoio e il il corretto funzionamento del sistema di dosaggio; il filtro, che esegua i normali cicli di pulizia automatica.
Se i valori registrati risultano incoerenti o anomali, il software segnala una possibile manipolazione elettronica o meccanica. Per esempio, nel caso di un Dpf disattivato o rimosso, la centralina mostra valori costanti di pressione differenziale o l'assenza dei cicli di rigenerazione tipici dei filtri funzionanti. I nuovi strumenti consentono anche d’individuare la presenza di emulatori o centraline aggiuntive, dispositivi che simulano il corretto funzionamento dei sistemi antinquinamento per eludere i controlli.
La pratica della manomissione si è diffusa tra automobilisti e, soprattutto, imprese di autotrasporto con la complicità di officine e meccanici. I motivi principali sono economici. I costi di manutenzione del Fap sono rilevanti: la pulizia professionale in officina può costare tra 100 e 500 euro, mentre una rigenerazione completa può arrivare a 200-500 euro. Nei casi più gravi, la sostituzione del filtro antiparticolato può oscillare tra 500 e 5.000 euro, a seconda del tipo di veicolo e del pezzo di ricambio. Anche il sistema AdBlue comporta spese ricorrenti: un veicolo Euro VI consuma mediamente tra 250 e 300 euro di additivo AdBlue, variabili in base ai chilometri percorsi e alle tipologie di percorsi. Inoltre, il sistema può presentare malfunzionamenti della pompa di dosaggio, degli iniettori o dei sensori, che richiedono interventi costosi.
Di fronte a queste spese, alcuni proprietari scelgono la via della manomissione con diversi sistemi, tra cui la modifica software della centralina, la rimozione fisica del filtro Fap, sostituito da un tubo vuoto della stessa sezione e l’installazione di emulatori AdBlue, che sono dispositivi elettronici che intercettano i segnali dei sensori e li sostituiscono con valori fittizi, simulando la presenza e il corretto funzionamento del sistema anche quando l’additivo è assente.
Le multe previste per chi disattiva i sistemi antinquinamento sono molto severe. Secondo l'articolo 78 del Codice della Strada, chi circola con un veicolo al quale siano state apportate modifiche alle caratteristiche indicate nel certificato di omologazione senza aver sostenuto le prescritte visita e prova è soggetto a una multa da 422 a 1.697 euro per veicoli privati e autocarri nazionali, il ritiro della carta di circolazione con obbligo di ripristino delle condizioni originali del mezzo e il fermo amministrativo del veicolo per tre mesi nei casi più gravi.
Per i trasporti internazionali, la normativa è ancora più stringente: siccome l'autorizzazione Cemt viene rilasciata solo a veicoli Euro V o Euro VI, un camion con emulatore che retrocede in termini di emissioni al livello di un Euro 0 o 1 circola in maniera abusiva, con sanzioni che possono raggiungere i 4.130 euro. In alcuni casi, la manomissione si può configurare come reato ambientale con possibili denunce penali, rischio di reclusione fino a 6 anni e multe fino a 100mila euro. Inoltre, la modifica invalida la garanzia del veicolo.
































































