Il 27 giugno 2025, una violenta esplosione ha colpito la sala macchine della petroliera Vilamoura mentre navigava nel Mediterraneo orientale, a circa 80 miglia nautiche dalla costa di Bengasi. L’incidente, che ha paralizzato il sistema di propulsione e reso la nave alla deriva, rappresenta il quinto episodio sospetto di questo tipo dall’inizio dell’anno, consolidando un allarmante scenario di attacchi mirati contro navi sospettate di far parte della cosiddetta “flotta ombra” russa, impiegata per aggirare le sanzioni imposte dall’Occidente sull’esportazione di greggio.
La Vilamoura, costruita nel 2011, batte bandiera delle Isole Marshall ed è gestita dalla compagnia greca Tms Tankers, di proprietà dell’armatore George Economou. Al momento dell’esplosione trasportava circa un milione di barili di petrolio, provenienti dal porto libico di Zuaitina. Nonostante la violenza della detonazione, l’equipaggio è rimasto illeso e non sono stati rilevati sversamenti in mare. Immediatamente dopo l’evento è stata avviata un’operazione di soccorso: il rimorchiatore antincendio Boka Summit, battente bandiera maltese, ha raggiunto l’imbarcazione il giorno successivo, iniziando il rimorchio verso la Grecia. Secondo i tracciamenti Ais, le due navi stanno navigando verso il Golfo di Laconia a una velocità di circa quattro nodi, dove la petroliera sarà sottoposta a una valutazione tecnica.
L’esplosione della Vilamoura s’inserisce in una sequenza inquietante di episodi simili avvenuti nel Mediterraneo nel corso del 2025. A gennaio, la Seacharm, anch’essa gestita dalla compagnia greca Thenamaris, venne danneggiata nel porto turco di Ceyhan. A febbraio, altri tre episodi si sono verificati nell’arco di una sola settimana: la Grace Ferrum venne colpita al largo delle coste libiche, la Seajewel subì un attacco con ordigni magnetici al largo di Savona e la Koala venne coinvolta in un’esplosione in una località non precisata ma collegata agli scali russi.
In ciascuno di questi casi, le petroliere avevano fatto scalo, nelle settimane precedenti, in terminal petroliferi russi come Ust-Luga e Novorossijsk. Anche la Vilamoura, secondo quanto rilevato dalla società di consulenza marittima Vanguard Tech, transitò ad aprile nel porto di Ust-Luga e a maggio a Novorossijsk, ufficialmente per caricare greggio kazako. Queste coincidenze alimentano l’ipotesi che le navi coinvolte siano finite nel mirino di attori intenzionati a colpire le infrastrutture marittime legate, direttamente o indirettamente, al commercio di petrolio russo.
Il caso più emblematico rimane quello della Seajewel, danneggiata nel Mar Ligure lo scorso 14 febbraio. La dinamica è stata ricostruita in dettaglio dalle Autorità italiane: due ordigni magnetici sono stati piazzati sotto la chiglia della nave, uno dei quali ha causato uno squarcio profondo, mentre il secondo è esploso sul fondale, provocando una moria di pesci. L’intervento degli artificieri e dei sommozzatori della Marina Militare ha confermato il carattere doloso dell’attacco. Le telecamere di sorveglianza del lungomare di Vado Ligure hanno documentato la presenza sospetta di alcuni uomini che, nelle ore precedenti all’esplosione, sembravano coordinare un’azione dalla costa. Uno di loro è stato ripreso mentre segnalava con una torcia in direzione del mare, mentre altri due uomini, a poche centinaia di metri, parlavano animatamente al telefono guardando verso l’orizzonte.
Secondo le ipotesi investigative, coordinate dalla Procura di Savona, è possibile che l’attacco sia stato condotto da unità di sabotatori collegati ai servizi segreti ucraini. L’ipotesi è presa seriamente anche dal comando centrale della Capitaneria di porto, che ha inserito la Seajewel tra le navi ad alto rischio, citando le anomalie nei tracciamenti Ais registrate in prossimità dei porti russi, come Novorossijsk. La petroliera aveva infatti spento ripetutamente i suoi transponder, comportamento tipico delle imbarcazioni coinvolte nei traffici coperti della “flotta fantasma”. Le indagini hanno evidenziato anche profili societari opachi: la Seajewel è registrata a nome della Realm Navigation Incorporated, società con sede a Monrovia, in Liberia, in un edificio che ospita decine di compagnie, molte delle quali già inserite in liste di sanzioni internazionali o sotto osservazione da parte delle autorità europee.
A completare il quadro si aggiunge il caso del cargo russo Ursa Major, affondato a dicembre 2024 nel Mediterraneo occidentale dopo essere stato colpito da tre esplosioni consecutive. La nave, di proprietà della società Oboronlogistics, è nota per trasportare mezzi militari per conto del ministero della Difesa russo. Anche in quel caso, la dinamica e il bersaglio fanno pensare a un’azione mirata.
Nel loro insieme, questi episodi delineano un’escalation silenziosa ma sempre più preoccupante. Il Mediterraneo, finora considerato una zona relativamente stabile per il traffico commerciale ed energetico, si sta trasformando in un nuovo teatro di tensione. L’intensificarsi degli attacchi fa temere un effetto domino sul settore del trasporto marittimo: maggiore incertezza per le rotte, incremento dei premi assicurativi, rischi crescenti per gli equipaggi e possibile instabilità nei rifornimenti di greggio verso l’Europa.