I continui attacchi dagli Houthi alle navi in transito da e per il Mar Rosso, giustificati come sostegno contro lo sterminio dei palestinesi a Gaza, hanno ottenuto un risultato concreto nei confronti d’Israele: la chiusura del porto di Eilat, l’unico del Paese che si affaccia sul Mar Rosso. Il 16 luglio 2025, infatti, il porto ha sospeso le attività, al termine di una crisi iniziata a novembre 2023, proprio in concomitanza con l’inizio delle operazioni yemenite contro le navi cargo che secondo loro sono collegate o servono interessi israeliani.
I numeri sono chiari: nel 2023 attraccarono nel porto israeliano 134 navi, numero crollato l’anno successivo a sole sedici unità, mentre nei primi mesi del 2025 giunsero a Eilat sei navi. Il porto movimentava soprattutto veicoli nuovi, che rappresentavano il 75% delle sue attività e il 50% delle importazioni automobilistiche israeliane. Nel 2023 vi sbarcarono 150mila veicoli, mentre l’anno successivo questo flusso si azzerò.
Il crollo dei traffici ha causato quello dei ricavi, che sono passati dai 63 milioni di dollari del 2023 ai 12,4 milioni del 2024. Una situazione insostenibile per la famiglia Nakash, che gestisce lo scalo dal 2012. Si stima che l'indebitamento della società portuale abbia raggiunto il milione di dollari, quasi tutti per imposte non pagate. Così, il 16 luglio l’Autorità israeliana dei porti annunciò la sospensione delle attività, mentre il Comune di Eilat ha comunicato il sequestro dei conti bancari.
Il Governo israeliano costruì il porto di Eilat nei primi anni di vita dello Stato, tra il 1952 e il 1956 nel brevissimo tratto di territorio che si affaccia sul Golfo di Aqaba, con lo scopo di fornire un’alternativa strategica al Canale di Suez per i traffici con l’Asia e l’Oceania. Si rivelò presto un punto di frizione con l’Egitto, che nel 1956 e nel 1967 bloccò lo Stretto di Tiran, passaggio fondamentale che deriva dalla presenza nel Golfo di Aqaba dell’isola di Tiran. È un punto dove la distanza tra le due rive del golfo è di soli venti chilometri.
Il controllo di questi stretti condiziona l’accesso ai porti di Eilat e di Aqaba (Giordania). Si ritiene che questi blocchi siano tra le cause della crisi del Canale di Suez e della Guerra dei Sei Giorni, perché Israele li considerò come un atto di guerra che giustificava l’intervento militare. Quello che non riuscì al Governo egiziano pare per ora riuscito agli Houthi, che hanno fermato il porto non bloccandone l’accesso, ma stravolgendo la sua economia.
































































