Nel pieno di una fase incerta per l’economia globale, la logistica alimentare continua a espandersi. Nel 2024 la spesa mondiale per i servizi di logistica food & beverage ha raggiunto 2,30 trilioni di euro e - secondo la ricerca di Ti Insight e Lincoln International diffusa il diffusa il 22 maggio 2025 - viaggia spedita verso i 2,997 trilioni entro il 2029, con un tasso medio annuo del 5,5 %.
L’Asia-Pacifico resta il baricentro della domanda – quasi un terzo del totale con 988,9 miliardi di euro – mentre l’Africa subsahariana mostra la crescita più vivace, oltre il 13 % l’anno, spinta da urbanizzazione e formalizzazione dei canali distributivi. La natura “non discrezionale” del cibo rende il comparto anticiclico, ma la crescita non appare omogenea: i mercati maturi rallentano, quelli emergenti corrono e il segmento a temperatura controllata accelera più di ogni altro.
Le dinamiche dietro questi numeri vanno cercate in una convergenza di fattori. Innanzitutto, la spesa online: negli Stati Uniti questo canale pesa ormai circa un quinto del retail alimentare e modelli come Ocado in Gran Bretagna dimostrano che il magazzino urbano di prossimità refrigerato e le consegne sotto le due ore sono la nuova norma operativa. Nel Sud-Est asiatico, invece, la coesistenza fra il mercato tradizionale del fresco e supermercato moderno impone reti del primo chilometro e cross-docking ad altissima flessibilità, terreno fertile per operatori locali sostenuti da capitali di private equity.
Sul fronte del potere d’acquisto, l’ascesa delle marche del distributore (private label) rafforza i retailer, che pretendono visibilità in tempo reale su inventari e Kpi di freschezza: nasce così la corsa alle torri di controllo digitali. A complicare la partita intervengono la proliferazione di prodotti premium o “non-commoditizzati” – dal pesce sashimi-grade ai super-foods – che richiedono catene del freddo di precisione, e le turbolenze geopolitiche, con i noli dei container refrigerati gonfiati dalle deviazioni sul Mar Rosso e la corsa di India e Indonesia a infrastrutture stradali frigorifere. L'accordo da un miliardo di dollari con cui Lineage ha rilevato gli hub di Tyson Foods è emblematico: la catena del freddo diventa asse strategico anche negli Stati Uniti.
Il segmento della temperatura controllata, in particolare, vive un’età dell’oro. Diete salutistiche, prodotti a base vegetale e pronti di fascia alta ne alimentano la domanda; gli assetti sono a intensità di capitale, la conformità normativa (Haccp dal campo alla tavola) severa e la bolletta energetica elevata. Queste barriere d’ingresso proteggono i margini degli specialisti, che riescono a trasferire i rincari di gasolio ed energia e che sempre più integrano sensori Internet delle Cose per la telemetria termica, requisito ormai irrinunciabile nei tender dei grandi spedizionieri.
In Europa il settore sta vivendo un consolidamento vorticoso: oltre quaranta operazioni rilevate dal 2021 hanno ridisegnato la mappa dei protagonisti. Dachser ha cucito una piattaforma centro-nord europea acquisendo Müller, Frigoscandia e Brummer; Stef ha completato la propria espansione fra Benelux, Regno Unito e penisola iberica rilevando Bakker, Tdl, Long Lane e Montfrisa; Eqt Infrastructure ha trasformato Constellation Cold Logistics in uno dei cinque maggiori operatori continentali. Le motivazioni sono chiare: successioni familiari irrisolte, sinergie di riempimento e la resilienza, quasi anticiclica, dei flussi alimentari che continua ad attirare fondi infrastrutturali e private equity.
Le opportunità strategiche si concentrano su nuovi campus poli logistici frigoriferi completamente automatizzati con navette per trasporto a bassissime temperature, joint venture tra retailer e 3PL per l’ultimo chilometro urbano a emissioni zero, piattaforme di consolidamento che combinano risparmi economici e riduzione di CO2, oltre alla rapida espansione in India, Indonesia e Africa, dove la penetrazione della catena del freddo resta inferiore al dieci percento. Gli operatori più ambiziosi puntano inoltre ad acquisizioni mirate per integrare competenze di livello farmaceutico o specializzazione nell’ultrafresco, convergendo verso un modello integrato ‘assetti più tecnologia’ in cui la gestione dei dati ha lo stesso valore delle infrastrutture fisiche.