Donald Trump sta rilanciando una professione della filiera logistica è spesso rimasta nell’ombra: il gestore delle pratiche doganali. Visto come un impiego meramente amministrativo e collaterale nella filiera del trasporto, ora è diventato un elemento strategico delle pratiche commerciali. Lo mette in luce una ricerca svolta congiuntamente dal Boston Consulting Group e dal Customs Support Group.
La spinta viene dalla guerra globale dei dazi scatenata dal presidente statunitense, ma non solo. Sono complici le norme sempre più stringenti sull’origine dei prodotti, le misure transfrontaliere sulle emissioni di carbonio e l’espansione delle sanzioni geopolitiche. Tutto ciò crea un ambiente commerciale sempre più complesso, ma anche imprevedibile, che richiede personale competente e costantemente aggiornato.
Lo studio rivela implicazioni anche sul fronte economico, perché ci sono costi doganali poco o per nulla visibili a un occhio inesperto, anche perché sono frammentati tra diverse funzioni aziendali. Per esempio, un paio di giorni per lo sdoganamento non generano solo costi legati al ritardo, ma per certe merci – come quelle deperibili – possono portare a una mancata vendita, se non alla perdita del carico. I ricercatori aggiungono anche che una percentuale tra il 20% e il 40% dei ritardi è causata da errori prevedibili, come classificazioni errate o documentazione incompleta.
Restando nell’ambito economico, la ricerca stima che l’impatto economico dei dazi sia stato solo nel 2024 tra 600 e 900 miliardi di dollari, valore destinato a crescere e potenzialmente a raddoppiare a causa delle tensioni commerciali. Un’indagine svolta tra importatori ed esportatori europei mostra che per loro la correttezza nelle pratiche doganali e le eventuali sanzioni sono la seconda sfida dopo quella delle interruzioni geopolitiche.
Per affrontarla, alcune realtà si stanno già attrezzando. Lo studio riporta qualche esempio: un'azienda farmaceutica ha ridotto i costi di sbarco (landed cost) del 12% modificando packaging e formulazione per rientrare in classificazioni doganali più favorevoli; un produttore di apparecchiature ha ridotto i dazi medi sui componenti del 10% integrando l'analisi doganale direttamente nel processo di sourcing; un'azienda tecnologica ha ridotto i tempi di attesa del 15% utilizzando il pre-sdoganamento tramite depositi doganali.
Dopo l'analisi, i ricercatori propongono azioni per trasformare la funzione doganale da amministrativa a strategica. La prima è integrare nei loro sistemi Erp una simulazione dei dazi, così da valutare i fornitori non solo per il prezzo e i tempi di consegna ma anche per l'impatto dei dazi in base all'origine e alla composizione dei materiali.
Il secondo suggerimento è aggregare i dati che sono frammentati tra diversi operatori e sistemi IT. Ciò permette di svolgere analisi predittive, come per esempio simulare la logica delle Autorità doganali prima dell'invio dei documenti, segnalando le dichiarazioni ad alto rischio. Ma bisogna andare oltre alla semplice collaborazione. La ricerca cita le “torri di controllo globali” per tenere sotto controllo le prestazioni dei broker, validare l'accuratezza della classificazione e tracciare l'idoneità agli accordi Fta in tempo reale.
Bisogna poi cambiare l’impostazione dell’infrastruttura, che deve diventare sempre più reattiva per gestire la natura diventata ormai dinamica della politica commerciale. Lo studio cita come esempio il tracciamento nell’Internet delle Cose in tempo reale nei settori alimentare e farmaceutico, utilizzato per fornire prove di condizione e conformità, riducendo così i tassi d’ispezione fisica.
Non possono mancare l’intelligenza artificiale e l’automazione che non servono solo a ridurre il lavoro manuale, ma aiutano a prendere decisioni più proattive. L'articolo introduce anche gli agenti IA, sistemi capaci di gestire in modo autonomo processi doganali end-to-end (raccogliendo, validando e inviando dati) e di gestire i "casi limite" (edge cases) difficili da automatizzare.



























































