Il prezzo del petrolio è aumentato con forza dopo l’annuncio delle nuove sanzioni statunitensi contro le principali compagnie energetiche russe. Le misure, che colpiscono Rosneft e Lukoil, hanno sollevato preoccupazioni per la disponibilità di greggio sui mercati internazionali e per l’equilibrio dei flussi commerciali mondiali. Il 23 ottobre 2025, il Brent è salito oltre 65 dollari al barile, con un incremento del 7% in due giorni, il rialzo più marcato degli ultimi due anni.
L’inserimento dei due produttori nella lista nera rappresenta un cambio di approccio da parte di Washington, dopo mesi di politiche volte a contenere i ricavi di Mosca senza compromettere la stabilità dell’offerta. Le precedenti iniziative, come il tetto ai prezzi del G7, avevano infatti l’obiettivo di ridurre le entrate fiscali russe evitando un aumento dei costi energetici globali. Con le nuove sanzioni, invece, gli Stati Uniti scelgono di colpire direttamente le esportazioni, che costituiscono circa la metà del greggio prodotto dal Paese.
La decisione arriva in un contesto di offerta già abbondante. Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia, la produzione mondiale potrebbe superare la domanda di circa 4 milioni di barili al giorno nel 2026. Tuttavia, il blocco delle forniture russe potrebbe modificare rapidamente queste previsioni, obbligando i principali importatori a ridisegnare le proprie rotte di approvvigionamento.
L’India, che importa dalla Russia oltre un terzo del proprio fabbisogno di greggio, ha dichiarato che le restrizioni renderanno impossibile mantenere gli attuali volumi di acquisto. Anche la Cina, che riceve fino al 20% delle sue forniture da Mosca, valuta come compensare l’interruzione di flussi già programmati. Il presidente Trump ha annunciato un incontro con il presidente Xi Jinping per discutere il tema durante la prossima visita ufficiale in Corea del Sud.
Le ripercussioni economiche potrebbero essere gravi anche per la Russia. Le entrate derivanti dal settore petrolifero e del gas rappresentano circa un quarto del bilancio federale e il blocco delle vendite verso due dei suoi maggiori clienti potrebbe costringere Mosca a intensificare i canali paralleli di esportazione già utilizzati per aggirare le precedenti restrizioni.





























































