La dura risposta cinese ai dazi e alle tariffe portuali statunitensi – attuata soprattutto con le armi dell’esportazione delle terre rare e le importazioni della soia – hanno spianato la strada a un accordo tra i due Paesi che di fatto ridimensiona la postura aggressiva di Trump. Ciò nasce dall’incontro tra il presidente statunitense Donald Trump e quello cinese Xi Jinping, svoltosi il 30 ottobre 2025 a Busan, ha prodotto una tregua commerciale della durata di un anno (tranne ripensamenti) che prevede la sospensione delle tariffe portuali e delle misure di controllo alle esportazioni.
La sospensione riguarda in particolare le misure introdotte dagli Stati Uniti nell’ambito dell’indagine Section 301 sul settore marittimo e cantieristico cinese, che hanno imposto dal 14 ottobre tariffe d’ingresso alle navi prodotte in Cina o di società cinesi nei porti statunitensi e che ora resteranno inattive per dodici mesi. In risposta, Pechino sospenderà le proprie contromisure sulle importazioni e adeguerà le politiche doganali e portuali per facilitare i traffici.
Parallelamente, entrambe le parti hanno concordato la riduzione dei dazi sui beni industriali: le imposte doganali statunitensi passeranno dal 57% al 47%, mentre la quota supplementare del 10% sui prodotti legati al fentanyl sarà annullata. Il presidente Trump ha definito l’accordo “un eccellente passo avanti” e ha indicato che gli Stati Uniti sospenderanno l’applicazione della regola del 50% di penetrazione nei controlli alle esportazioni, misura che avrebbe limitato le forniture tecnologiche verso la Cina. Xi Jinping ha dichiarato che la Cina, a sua volta, sospenderà per un anno le proprie misure di controllo all’esportazione e valuterà soluzioni strutturali a lungo termine, segnalando l’intenzione di ristabilire un equilibrio nel commercio di materiali strategici.
Uno dei risultati più significativi dell’intesa di Busan riguarda le terre rare, risorsa chiave per la produzione di semiconduttori e tecnologie avanzate. Pechino ha accettato di sospendere per dodici mesi l’attuazione delle restrizioni introdotte il 9 ottobre, che prevedevano controlli più severi sull’esportazione di cinque nuovi elementi critici. Gli Stati Uniti, in cambio, rinunceranno temporaneamente ad alcune delle limitazioni all’esportazione di tecnologie sensibili. La Cina, che produce circa il 70-90% delle terre rare raffinate a livello mondiale, mantiene così una leva strategica importante ma si impegna a garantire la stabilità della filiera globale. Trump ha definito la questione “risolta per almeno un anno”, segnalando un equilibrio pragmatico più che un accordo definitivo.
Sul fronte agricolo, la Cina ha annunciato la ripresa immediata degli acquisti di soia statunitense. Secondo il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, Pechino rappresentava circa la metà delle esportazioni di soia americane nel 2024, e il blocco delle importazioni deciso nel maggio 2025 aveva inciso pesantemente sui prezzi. L’accordo di Busan riattiva così un canale commerciale di valore strategico per gli agricoltori americani e per la logistica portuale che gestisce il trasporto di derrate verso i mercati asiatici.
Le dichiarazioni ufficiali riflettono un tono di distensione, pur mantenendo accenti diversi. Xi Jinping ha sottolineato che le relazioni tra i due Paesi “hanno mantenuto una stabilità complessiva” e che Cina e Stati Uniti dovrebbero essere “partner e amici”, definendo la cooperazione economica come “la zavorra e il motore” del rapporto bilaterale. Ha ribadito che la Cina non intende sfidare né sostituire altri Paesi, ma piuttosto condividere opportunità di sviluppo e mantenere un commercio aperto e stabile. Trump ha adottato un linguaggio più diretto, parlando di un “accordo straordinario” e lodando Xi come “un negoziatore molto duro e un grande leader di un grande paese”. Ha annunciato inoltre una visita ufficiale in Cina nell’aprile 2026, seguita da un viaggio di Xi negli Stati Uniti.
Le analisi provenienti da Pechino descrivono l’incontro come un passo verso la stabilizzazione dei rapporti economici, con la stampa cinese che parla di “consenso su un cessate il fuoco di un anno”. Alcuni media, come Hong Kong 01, sottolineano tuttavia che si tratta di un’intesa limitata e temporanea, che rinvia le questioni strutturali. Negli Stati Uniti, le valutazioni sono analogamente caute. Reuters e il Center for Strategic and International Studies indicano che l’accordo “riporta le relazioni allo stato precedente all’escalation tariffaria”, senza affrontare i nodi di fondo come la sovraccapacità industriale e il modello di crescita cinese orientato all’export. Altri osservatori, come il Wall Street Journal, evidenziano che la tregua potrebbe aprire un ciclo di diplomazia diretta tra i due leader nel corso del 2026.






























































