Due giorni di negoziati definiti “intensi” e poi domenica 26 ottobre 2025 le delegazioni di Stati Uniti e Cina hanno raggiunto un accordo preliminare sui dazi e più in generale sulle restrizioni elle reciproche esportazioni. Nelle prime dichiarazioni ufficiali, entrambi le parti si ritengono soddisfatte: il Segretario al Tesoro americano Scott Bessent ha definito l’intesa "un quadro molto sostanziale", che il principale negoziatore commerciale cinese Li Chenggang ritiene un "consenso preliminare". L’accordo apre così la via all’incontro fra Trump e Xi Jinping, programmato per il 30 ottobre in Corea del Sud.
Le parti hanno trattato diversi temi, che spaziano dalle terre rare (e i componenti che le contengono) alla soia e naturalmente di dazi, in un contesto in cui gli Usa applicano una quota supplementare del 30% sulle importazioni cinesi e la Cina del 10% su quelle statunitensi. Nelle scorse settimane la tensione è salita, con Trump che ha minacciato dazi del 100% e Xi Jinping che ha stretto sulle esportazioni di terre rare e componenti derivati. Secondo quanto ha dichiarato Li Chenggang, l’attuale tregua sarà estesa oltre il 10 novembre , quindi non sarà applicato l’aumento del 100%. Bessent ha dichiarato che la Cina riprenderà acquisti "sostanziali" di soia dagli Stati Uniti, dopo una completa interruzione attuata all’inizio del 2025 sempre nell’ambito di questo conflitto commerciale.
Una questione molto importante affrontata durante la trattativa è la tariffa imposta dagli Stati Uniti per tutte le navi costruite in Cina che entrano in un porto statunitense, applicata dal 14 ottobre 2025. Ogni nave costruita in Cina, indipendentemente da chi la possiede o la gestisce, deve pagare 18 dollari per tonnellata netta o 120 dollari per container scaricato, con la previsione di aumenti progressivi fino al 17 aprile 2028, quando le tariffe raggiungeranno 33 dollari per tonnellata netta o 250 dollari per container. Queste somme però aumentano se la nave e posseduta o gestita da un’entità cinese: ora paga 50 dollari per tonnellata netta, per poi raggiungere i 140 dollari.
Su questo aspetto, finora le delegazioni dei due Paesi non hanno precisato i termini dell’accordo, che probabilmente saranno illustrati dopo l’incontro fra i due presidenti del 30 ottobre. Però pare che un qualche risultato si sia raggiunto. Li Chenggang ha dichiarato che i colloqui hanno affrontato tale questione come uno dei punti focali delle trattative. Il quotidiano cinese China Daily ha riferito che è stato raggiunto un "consenso di base sugli accordi per affrontare le preoccupazioni reciproche delle due parti", con l'impegno a "determinare ulteriori dettagli specifici e seguire le rispettive procedure di approvazione interna".
Fin qua le dichiarazioni ufficiali, improntate ovviamente all’ottimismo. Fonti indipendenti cinesi e statunitensi pongono però visioni più critiche. Alcuni analisti hanno notato che l'accordo potrebbe essere simile al "Phase One Trade Agreement" del 2020, rappresentando una soluzione "a fasi" piuttosto che una risoluzione completa delle questioni strutturali. Il presidente della US-China Business Council, Sean Stein, ha affermato che per Trump ottenere un accordo "fantastico" con la Cina significherebbe semplicemente "riportare l'orologio indietro" a prima dell'inizio della guerra commerciale.
Il Wall Street Journal ha riportato che, secondo fonti familiari con i decisori cinesi, Xi ha abbandonato le strategie diplomatiche convenzionali della Cina e ha elaborato un nuovo approccio specificamente calibrato per Trump, che prevede di fornire concessioni su questioni di alto profilo a cui Trump è personalmente investito. Questa strategia, secondo le fonti, si allinea con la percezione che Trump ha di sé stesso come abile negoziatore.
Altri osservatori notano che le dichiarazioni ufficiali sull’accordo preliminare non affrontano ancora le questioni più scottanti. Sun Chenghao, ricercatore presso l'Università Tsinghua di Pechino, afferma in un articolo di Bloomberg che "il 'grande accordo' richiede di affrontare profondi disaccordi su sussidi statali, concorrenza tecnologica e sicurezza nazionale, ambiti in cui i modelli fondamentali di entrambe le parti si scontrano". Ci vorranno quindi trattative su accordi settoriali.































































