1.300 secondo il Ministero delle Infrastrutture polacco, quasi 1.500 secondo le autorità bielorusse: è un numero comunque elevato quello dei veicoli industriali con targa polacca che sono bloccati in Bielorussia dopo la chiusura dei confini voluta da Varsavia in risposta alle esercitazioni militari russe. Il Governo polacco, attraverso i suoi portavoce, ha dichiarato alla stampa di essere al lavoro per consentire il rientro in patria degli autisti rimasti, mentre molti altri sarebbero rientrati con mezzi di fortuna dopo aver abbandonato il proprio veicolo. Il ministero delle Infrastrutture ha anche specificato che questa situazione si sarebbe potuta evitare se solo i trasportatori avessero seguito le linee guida diramate dall’esecutivo ben prima della chiusura delle frontiere.
In una nota scrive che “il ministero delle Infrastrutture ha informato per tempo le organizzazioni polacche di autotrasporto della chiusura del confine, chiedendo loro di tenere conto di queste circostanze nella pianificazione dei trasporti da e per la Bielorussia, in modo che tutti i veicoli e gli autisti potessero rientrare nel Paese. Siamo già al lavoro per fornire assistenza e riportare in patria autisti e veicoli. A tal fine, rimaniamo in contatto costante con il ministero dell'Interno, la Guardia di Frontiera e tutte le organizzazioni degli autotrasportatori per un controllo costante della situazione”.
Le dichiarazioni del Governo di Tusk contrastano però con quanto dichiarato dalle associazioni di settore, secondo cui il preavviso di 50 ore diramato dalle Autorità sarebbe stato insufficiente per consentire ai vettori di completare i servizi in corso e rientrare in patria prima della chiusura dei valichi. La maggior parte dei traffici con la Bielorussia avvengono infatti in un polo logistico nell’area di Brèst, vicinissima al confine polacco ma con tipologie di carico e scarico che possono richiedere fino a tre giorni lavorativi.
Le associazioni hanno anche espresso timori su possibili confische messe in atto delle autorità bielorusse a danno delle imprese polacche. Una legge di Minsk stabilisce infatti che i veicoli stranieri possono rimanere nel paese per un massimo di dieci giorni, al termine dei quali possono essere emesse multe salata o confische. Vista l’eccezionalità degli eventi, il Governo bielorusso ha concesso alla controparte polacca dieci giorni addizionali senza penali, suggerendo una riapertura dei confini entro e non oltre il 28 settembre prossimo.
Secondo le associazioni, il valore totale dei mezzi bloccati è stimato in 200 milioni di zloty (circa 48 milioni di euro), cifra che potrebbe far gola a Mosca. Al momento, tuttavia, la risposta bielorussa è stata solamente propagandistica e mirata a sottolineare il grave autogol messo in atto dalla Polonia. “Gli imprenditori sono diventati ostaggi delle azioni del loro stesso Governo. Le Autorità polacche hanno commesso errori di calcolo, noi possiamo salvare le imprese di trasporto concedendo altri dieci giorni sul nostro territorio, ma la decisione di riaprire i confini spetta alla Polonia”, hanno dichiarato le sigle.
Nel frattempo tutti i camion fermi sono stati registrati dalle Autorità di Minsk, che consentiranno l’attraversamento della frontiere polacche ma che hanno negato possibili rotte alternative attraverso Lituania e Lettonia. Intanto sui media tedeschi si è già diffusa la notizia di una imminente riapertura delle frontiere, informazione che non è stata smentita né confermata dal governo Tusk. Si attendono sviluppi nelle prossime ore.
Marco Martinelli


































































