La ripresa del Tavolo al ministero dell’Industria sulla doppia vendita d’Iveco (a Tata Motors e a Leonardo), prima annunciato per settembre 2025, è stata rinviata al primo ottobre, mentre nelle ultime settimane sono cresciute le preoccupazioni dei sindacati sulla tenuta occupazionale dopo il trasferimento di proprietà. Durante il mese di settembre, infatti, l’operazione da 5,5 miliardi di euro che coinvolge 32mila dipendenti nel mondo, di cui 14.650 in Italia, ha portato a un intenso confronto tra sindacati, istituzioni locali e Governo nazionale. Torino, sede di 6.500 addetti tra produzione, amministrazione e ricerca, è stata al centro delle preoccupazioni, alimentate dai precedenti negativi di altre cessioni industriali e dalla garanzia occupazionale limitata a soli due anni, che sarebbe stata offerta da Tata.
Il confronto si è aperto il 2 settembre con la prima audizione in commissione lavoro del Comune di Torino, presieduta da Pierino Crema. I sindacati Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm-Uil, Uglm-Ugl, Fismic-Confsal e l’associazione quadri e capi Fiat hanno sottolineato che Iveco non è un’azienda in crisi, ricordando le 1.400 assunzioni degli ultimi anni e l’età media di 47 anni della forza lavoro, molto più bassa rispetto a Mirafiori. L’allarme ha riguardato soprattutto la stabilità degli stabilimenti torinesi, con il richiamo ai casi Magneti Marelli e Psa-Fca.
Il 10 settembre il ministro Adolfo Urso ha convocato per il primo ottobre il tavolo permanente Iveco al ministero dell’Industria, con la partecipazione di sindacati, regioni e Leonardo. L’incontro è stato programmato per approfondire anche l’acquisizione di Iveco Defence Vehicles da parte di Leonardo, operazione da 1,7 miliardi di euro (Alto Adige Innovazione) che interessa 1.600 addetti a Bolzano, Piacenza e Vittorio Veneto.
Ma le preoccupazioni dei sindacati riguardano l’acquirente indiano. Il 14 settembre la Uilm nazionale ha diffuso un documento del coordinamento Iveco che ha sintetizzato li principali elementi critici: la natura dell’interesse di Tata, il rischio di indebitamento e delocalizzazione, e la richiesta di un piano industriale di sviluppo come unica garanzia concreta. Nei giorni successivi il sindacato ha ribadito il tema della transizione ecologica, giudicata penalizzante per l’industria automobilistica europea.
Il 21 settembre il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, ha incontrato l’ambasciatrice indiana Vani Rao, chiedendo un confronto diretto con i vertici di Tata e ribadendo la volontà di tutelare la tradizione industriale torinese. Tre giorni dopo, sempre a Torino, si è svolta la seconda audizione in Commissione comunale, dove sono emerse forti tensioni. I dirigenti Iveco - guidati da Vincenzo Retus, Isabella Macrelli e Michele Ziosi - hanno ribadito che Tata non ha stabilimenti in Europa e che non sono previste chiusure o ristrutturazioni significative. Tuttavia, le risposte ritenute evasive e alcune espressioni giudicate offensive hanno esasperato alcuni consiglieri, con momenti di scontro verbale e minacce di non partecipare a ulteriori audizioni.
Nella parte finale del mese sono aumentate le pressioni istituzionali. La vicesindaca di Torino, Michela Favaro, ha annunciato l’invio di una lettera al ministero del Lavoro per convocare un tavolo con enti locali e sindacati. La vicepresidente del Senato, Anna Rossomando, ha presentato un’interrogazione urgente per un piano industriale specifico per la parte civile di Iveco, mentre i Comuni con stabilimenti Iveco - tra cui Torino, Brescia, Foggia e Suzzara - hanno chiesto di partecipare ai tavoli governativi in modo coordinato.






























































