Il 2024 è stata una buona annata per le compagnie marittime che trasportano container. Secondo la più recente analisi dei bilanci di dieci grandi compagnie di navigazione mondiali svolta dal Centro Studi Fedespedi, dopo un 2023 con segnali contrastanti e ritenuto di transizione, la redditività è tornata a buoni livelli. A fare da sfondo a questa ripresa c’è un contesto macroeconomico complesso, in cui la crescita del pil mondiale ha rallentato al +3,3% (secondo il FmI), ma con un'accelerazione della domanda di trasporto container, stimata in aumento del 6% su base annua. Una crescita trainata soprattutto dagli Stati Uniti, dove gli importatori hanno aumentato gli ordini anticipando il rischio di nuovi dazi, in previsione di un possibile ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca.
Un elemento fondamentale è stato l’aumento improvviso dei noli a partire da dicembre 2023, legato soprattutto alla crisi nel Mar Rosso: le compagnie hanno dovuto deviare le rotte via Capo di Buona Speranza per evitare gli attacchi Houthi nello stretto di Bab el Mandeb. Questi cambiamenti hanno creato nuove tensioni sulle capacità disponibili, spingendo le tariffe verso l’alto. Il Chinese Containerized Freight Index ha registrato un raddoppio tra dicembre e gennaio. Anche la puntualità dei servizi è migliorata: secondo Sea-Intelligence, il 58,7% delle navi è arrivato on-time con un ritardo medio ridotto a 4,6 giorni.
Sul fronte dell’offerta, le dieci compagnie analizzate gestiscono oltre tremila navi, equivalenti a più della metà dell’intera flotta mondiale in termini numerici e a quasi il 90% della capacità totale in teu. La capacità media si attesta attorno ai 6.700 teu per nave, ma tra il 2022 e metà 2025 il sistema ha aggiunto oltre 5,6 milioni di teu alla flotta globale, con Msc, Hapag-Lloyd e Cma Cgm come protagoniste di questa espansione.
Parallelamente si è rimescolato lo scacchiere delle alleanze operative. L’uscita di scena della storica 2M Alliance (Maersk–Msc) ha aperto la strada a nuovi accordi: Maersk si è alleata con Hapag-Lloyd nella Gemini Cooperation, focalizzandosi sullerotte Asia–Nord America–Mediterraneo e toccate italiane su Genova, Vado, La Spezia e Livorno. Dall’altra parte, la Premier Alliance ha visto la collaborazione di One, Yang Ming e Hmm, con cinque nuovi servizi nel Mediterraneo. Insieme, le grandi alleanze oggi controllano l’82% della capacità mondiale.
Tornando ai bilanci, i dati 2024 parlano chiaro: le compagnie sono tornate a guadagnare bene. Il nolo medio per teu si è attestato a 1.448 dollari, segnando un aumento del 20% rispetto al 2023. Le crescite più marcate si sono registrate per Zim (+56,9%) e Yang Ming (+53,4%). In termini di ricavi, Evergreen ha registrato un aumento del 62,7% in valuta locale, seguita da Zim (+62,8%) e Yang Ming (+58,4%). Anche la redditività operativa (Ros) ha beneficiato del miglioramento dei noli: la media è tornata al 24%, con punte sopra il 30% per Evergreen, Hmm e Zim. Il ritorno su investimenti è salito sopra il 10% per quasi tutti, segnalando una ritrovata sostenibilità anche in ottica di nuovi investimenti. La liquidità si è rafforzata (quick ratio sopra 1 per Evergreen, Wan Hai e Yang Ming), mentre l’indebitamento bancario è rimasto sotto controllo per colossi come Maersk e Hapag-Lloyd, ma resta più elevato per Zim e Wan Hai.
I primi tre mesi del 2025 confermano e amplificano i segnali positivi. I ricavi sono cresciuti per tutte le compagnie tranne Yang Ming, che ha comunque mantenuto risultati positivi. L’utile operativo (Ebit) è decollato: +608% per Maersk, +314% per Wan Hai, +64% per Cosco. E anche l’utile netto ha segnato aumenti a tre cifre, con Zim a +222% e Cma Cgm a +43%. A sostenere questa accelerazione hanno contribuito diversi fattori: la domanda resta elevata, le nuove navi entrate in servizio nel biennio precedente sono ora pienamente utilizzate e la maggiore puntualità consente operazioni più efficienti.
Gli analisti di Fedespedi sottolineano che questi risultati rappresentano più di un semplice rimbalzo ciclico. Le compagnie stanno rivedendo in profondità le proprie strategie: alcune puntano su una maggiore integrazione logistica (come Maersk), altre su una presenza capillare nei porti minori (come Msc). Gli investimenti in nuove navi – spesso sopra i 15.000 teu – sono giustificati da ritorni finalmente superiori al costo del capitale, ma il rischio resta elevato, soprattutto per operatori fortemente indebitati o meno diversificati. Il contesto globale, tra incertezze politiche, possibili guerre commerciali e necessità di investire in sostenibilità, impone una gestione oculata del ciclo economico.
Anche se il rapporto non affronta in modo diretto le normative ambientali (Ets, norme Imo 2027), emerge chiaramente che la transizione verso una navigazione a basse emissioni richiederà capitali ingenti. I flussi di cassa record del 2024 e inizio 2025 potrebbero rappresentare l’ultima grande occasione per finanziare il cambiamento senza compromettere l’equilibrio finanziario. Le ricadute di questa ristrutturazione del settore toccano da vicino anche i porti e l’ecosistema logistico. Le alleanze ridefiniscono le rotte e i porti di scalo, cambiando i volumi e i tempi di movimentazione. I porti italiani, in particolare, dovranno adattarsi rapidamente a queste trasformazioni per restare competitivi, ripensando i collegamenti con l’entroterra, l’autotrasporto e la digitalizzazione dei flussi.
In conclusione, il 2024 ha rappresentato un punto di svolta per le compagnie marittime, che hanno saputo sfruttare un contesto favorevole per recuperare redditività e rafforzare le proprie basi finanziarie. Ma la nuova fase non è esente da rischi: i fondamentali appaiono più solidi, ma il futuro resta incerto, con variabili politiche, economiche e ambientali pronte a rimettere tutto in discussione. Per le compagnie, i porti e gli operatori logistici, si apre una stagione che richiede visione strategica, rapidità di adattamento e investimenti mirati per consolidare la ripresa e renderla strutturale.

































































