A cento giorni dall’insediamento della nuova coalizione nero-rossa guidata da Friedrich Merz, il mondo portuale tedesco lancia un appello: senza una vera strategia per la competitività, la promessa elettorale di un rilancio industriale rischia di restare lettera morta. È il monito dell’associazione Zentralverband der deutschen Seehafenbetriebe (Zds), che sottolinea come i porti marittimi siano un pilastro imprescindibile dell’economia e una condizione necessaria per sostenere le grandi trasformazioni in corso, dalla transizione energetica alla sicurezza degli approvvigionamenti.
Tra le misure considerate più urgenti figura la riforma della Einfuhrumsatzsteuer, ossia l’imposta riscossa all’importazione. Il sistema attuale, giudicato eccessivamente burocratico, immobilizza capitali che le imprese non possono destinare a investimenti. Nel solo 2024 la Dogana ha riscosso circa 75 miliardi di euro, pari all’8% del gettito fiscale complessivo. Risorse che - sottolinea il direttore generale dell’associazione Florian Keisinger - sono sottratte in anticipo alle aziende, con un impatto particolarmente gravoso sulle medie imprese importatrici. Zds chiede quindi l’introduzione immediata del modello di compensazione già promesso dalla coalizione, che permetterebbe alle imprese di liberare liquidità senza gravare sul bilancio pubblico.
Secondo una stima dell’associazione, i porti tedeschi hanno un fabbisogno d’investimenti stimato in 15 miliardi di euro, che è appena il 3% del fondo speciale per le infrastrutture. Le risorse finora allocate dal programma “Klimafreundliche Schifffahrt und Häfen”, contenuto nel programma Klima- und Transformationsfonds, ammontano a 400 milioni di euro in quattro anni, giudicati del tutto insufficienti. “Non si tratta di liste dei desideri, ma di dati concreti forniti direttamente dai porti”, precisa Keisinger. Per questo il settore chiede una dotazione strutturale di almeno 500 milioni di euro all’anno, necessaria a colmare i ritardi nelle manutenzioni e ad adeguare le infrastrutture alle esigenze del futuro.
Un altro fronte aperto riguarda la Stromsteuer, ossia la tassa sull’energia elettrica. Le attuali agevolazioni fiscali interessano solo industria manifatturiera e settori agricoli e forestali, lasciando esclusi i porti, nonostante il loro ruolo strategico nella logistica nazionale. Con la prospettiva di un abbassamento generalizzato al livello minimo europeo di 0,05 centesimi per chilowattora, Zds chiede che anche i porti vengano inclusi nei regimi di riduzione, garantendo così una parità di condizioni rispetto agli altri comparti industriali.
Il messaggio finale di Zds al governo Merz è netto: “Chi fa della competitività una priorità non può trascurare i porti”, afferma Keisinger. “Senza porti forti non c’è un’economia forte; senza un’economia forte non c’è sicurezza e non può avere successo né la Zeitenwende né la transizione energetica”. Il settore marittimo chiede dunque una “offensiva d’autunno” che non si limiti a dichiarazioni di principio, ma si traduca in misure fiscali, finanziarie ed energetiche immediate e concrete.






























































