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    Il paradosso dei conti di Panalpina Italia


    Nella lettera redatta dal Consiglio d'amministrazione di Panalpina Trasporti Mondiali (filiale italiana della multinazionale logistica svizzera) il 7 novembre 2019 per spiegare la decisione di mettere in liquidazione la società insieme con 136 dipendenti appare un quadro fosco della situazione contabile dell'impresa. Si parla di "continue perdite" che hanno richiesto il ripianamento di tredici milioni tra il 2015 e il 2018, con 5,7 milioni nel 2018. In più, sono emerse "latenti problematiche fiscali" dopo alcuni accertamenti dell'Agenzia delle Entrate sugli esercizi dal 2012 al 2014. Perciò, per porre fine a questa "emorragia finanziaria ed economica", il Cda ha deciso la chiusura della società. Ricordiamo che ciò avviene poco dopo la conclusione dell'acquisizione dell'intera Panalpina da parte della multinazionale danese Dsv. Poiché si tratta della chiusura di un'impresa diventata storica nel panorama italiano, che comporta il licenziamento di numerose persone, TrasportoEuropa ha letto i bilanci della società, che sono depositati alla Camera di Commercio.
    Emerge che nel 2015 la perdita della filiale italiana di Panalpina è stata di quasi 1,9 milioni, scesi leggermente a poco più di 1,7 milioni nel 2016, per risalire a 5,8 milioni nel 2017. Quest'ultimo dato è quello più rilevante, ma bisogna precisare che comprende anche un accantonamento di 1,1 milioni di euro per affrontare sanzioni dell'Agenzia delle Entrate. Nel 2018 il quadro cambia completamente, perché Panalpina Trasporti Mondiali registra un utile di 1,3 milioni. Questo segno positivo include un'immissione di capitale di 5,7 milioni versato dalla Casa madre come contributo in conto esercizio.
    Per comprendere questi dati altalenanti bisogna considerare anche la sanzione di 1,1 milioni emessa dall'Agenzia delle Entrate dopo l'analisi dei bilanci dal 2012 al 2014, che per quanto ci risulta sarebbe stata decisa perché gli ispettori dell'Agenzia hanno considerato eccessivo il transfer price pagato dalla filiale italiana al quartier generale svizzero. Ricordiamo che il transfer price è il metodo con cui una multinazionale distribuisce tra le sue filiali nazionali i costi comuni pagati dalla sede centrale. È un'operazione legittima, che però viene tenuta sotto controllo dagli organismi fiscali perché potrebbe essere anche un modo per trasferire utili da Paesi con fiscalità superiore a quello dove ha sede la multinazionale con lo scopo di ridurre l'impatto fiscale. Sarebbe quindi interessante capire come è stato calcolato il transfer price di Panalpina Trasporti Mondiali anche nel periodo successivo, ossia dal 2015 al 2017, e sapere perché invece nel 2018 è stato attivato un rilevante flusso contrario, creando così un utile d'esercizio.
    Sul versante dei costi, emerge che quello del lavoro è diminuito dal 2014 (quando era di 10.457.998 euro) al 2017 (con 9.300.986 euro), mentre nel 2018 è cresciuto a 10.196.567 euro, a causa di nuove assunzioni per potenziare le vendite. Nello stesso periodo, il fatturato è aumentato da 113.980.942 euro del 2014 a 169.367.529 euro del 2018. Per questo tipo di aziende, che hanno elevati costi esterni, vale anche il valore aggiunto che dopo essere calato da 7.828.396 euro a 5.760.470 euro dal 2016 al 2017, nel 2018 è salito a 12.552.825 (cifra che comprende il contributo giunto dalla Casa madre e che al netto di questo si attesta a circa 6,8 milioni).
    Completando l'analisi del 2018, anno prima della liquidazione, emerge che Panalpina Trasporti Mondiali ha ottenuto un margine operativo lordo positivo di 2.356.258 euro, a fronte di uno negativo l'anno precedente di 3.540.516 e un risultato operativo positivo di 1.964.926 euro a fronte di uno negativo del 2017 di 3.800.696 euro. Tolte le imposte e i proventi ed oneri finanziari, nel 2018 Panalpina Trasporti Mondiali ha prodotto un risultato netto positivo di 1.321.844 euro, contro uno negativo dell'anno precedente di 5.821.039 euro. È una differenza di 7.142.883 euro, superiore al flusso di denaro arrivato dalla Svizzera.
    Questi numeri non bastano per fare una valutazione completa dello stato della società ma evidenziano un paradosso: per quattro anni la società ha generato perdite, culminate nel 2017 con un rosso di oltre cinque milioni e non risulta che in questo periodo abbia attuato riduzioni di personale o azioni di cassa integrazione e comunque tale voce di costo è rimasta sostanzialmente identica. Nel 2018 c'è stato un evidente miglioramento della situazione e l'azienda ha assunto nuovo personale, come mostra anche l'aumento del costo relativo, aumentando il fatturato il valore aggiunto e portando in nero il margine operativo lordo, il risultato operativo e quello netto. Una buona base di partenza per il futuro e invece l'anno successivo arriva improvvisamente la liquidazione dipingendo un quadro disastroso della società. Una decisione insolita, se non fosse che nel frattempo è avvenuto un fatto nuovo: l'intera Panalpina è stata acquisita dalla concorrente Dsv.

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