Una delle più eclatanti promesse di Trump in campagna elettorale è stata la drastica riduzione della burocrazia per i cittadini e le imprese. In alcuni casi può essere avvenuto, me non certamente per gli importatori e spedizionieri, che a causa dei dazi stanno vivendo un vero e proprio incubo burocratico. Lo racconta in dettaglio l’articolo pubblicato il 5 settembre da Bloomberg, secondo cui sarebbero penalizzate soprattutto le piccole e medie imprese statunitensi, che sono già messe alla prova dai costi diretti dei dazi. In pratica, significa montagne di pratiche da compilare, incertezze normative e spese aggiuntive per rispettare requisiti che si fanno ogni mese più complessi. Per non parlare della continua incertezza causata dai rinvii o dalle modifiche dei dazi stessi.
Bloomberg si sofferma sul caso dell’aumento dei dazi su acciaio e alluminio, che riguardano non solo i materiali grezzi, ma anche centinaia di categorie di prodotti finiti o semilavorati – dalle motociclette ai seggiolini per bambini – sono ora soggetti a verifiche dettagliate per verificare la percentuale di metalli provenienti dall’estero. Gli importatori devono documentare non solo la percentuale di metallo contenuta nei beni, ma anche l’origine esatta: da quale fonderia provenga l’acciaio o in quale impianto sia stato prodotto l’alluminio. Le conseguenze sono pesanti, perché se non si riesce a dimostrare l’origine dell’alluminio, le Autorità doganali presumono che provenga dalla Russia, applicando automaticamente il dazio più elevato del 200%. In molti casi i fornitori esteri non sono in grado, o non vogliono, fornire informazioni così dettagliate, bloccando di fatto intere catene di fornitura.
Come avviene ovunque, gli oneri amministrativi si traducono in costi concreti. Secondo l’inchiesta di Bloomberg, ogni pratica di importazione richiede da una a tre ore di lavoro anche nei casi più semplici, mentre quando si tratta di ricostruire il contenuto metallico di componenti complessi, come le parti di motocicli, il tempo può superare le dieci ore. Per aziende di piccole dimensioni, prive di dipartimenti specializzati nel commercio internazionale, questo significa risorse sottratte alla produzione e alla crescita. David Zampierin, fondatore della società Zamp Racing in Idaho, ha raccontato all’agenzia di stampa di aver seguito passo passo una spedizione dalla Cina, arrivando persino a bloccarla in un magazzino doganale in Corea del Sud in attesa di chiarimenti sui dazi. “In quarant’anni non è mai stato così complicato”, ha dichiarato, sottolineando come la variabilità delle regole crei più incertezza della stessa pandemia di Covid.
Un altro provvedimento che sta mettendo in crisi le piccole e medie imprese è l’abolizione della franchigia per pacchi sotto gli 800 dollari, che permetteva l’ingresso senza dazio, che impone più moduli da compilare e nuove imposte da pagare. Intanto, la US Customs and Border Protection ha rafforzato i controlli utilizzando sistemi di analisi dati e intelligenza artificiale per confrontare dichiarazioni e individuare anomalie. Questa strategia ha aumentato il recupero di somme attraverso verifiche e revisioni, ma ha anche messo in difficoltà molti importatori “grossolanamente impreparati”, come spiega a Bloomberg Cindy Deleon, ex revisore dell’agenzia.
L’incertezza normativa, con scadenze prorogate all’ultimo momento, nuovi dazi annunciati su prodotti strategici come farmaci e semiconduttori e contenziosi aperti nei tribunali federali, rende ancora più difficile la pianificazione. Ogni cambiamento può colpire spedizioni già in viaggio, imponendo balzelli imprevisti o richieste documentali supplementari. Per il trasporto e la logistica tutto ciò significa flussi più lenti, catene di fornitura meno prevedibili e una gestione più costosa delle pratiche.






























































