Un comma di un articolo del Decreto-Legge 73/2025 (Decreto Infrastrutture), che può passare facilmente sottotraccia, può avere importanti conseguenze sugli equilibri delle concessioni demaniali marittime. Si tratta dell’Articolo 6, comma 1-bis, inserito in sede di conversione, che introduce un principio interpretativo nuovo e potenzialmente dirompente: la funzione delle aree date in concessione va valutata non più singolarmente, ma all’interno del contesto generale previsto dai Piani Regolatori Portuali. Il provvedimento, che rientra nel pacchetto di misure urgenti per la continuità delle infrastrutture strategiche, è stato presentato con l’obiettivo di garantire omogeneità operativa e certezza agli investimenti nei porti italiani.
A difenderlo apertamente è stato il vice-ministro ai Trasporti Edoardo Rixi, che ha parlato di un “emendamento generalista” pensato per evitare “situazioni non gestibili” nei prossimi mesi, a fronte dell’applicazione di alcune sentenze che stavano mettendo in crisi la tenuta giuridica di diverse concessioni. Rixi ha inoltre precisato che la nuova disposizione non si applica ai procedimenti pendenti né alle sentenze passate in giudicato. Precisazioni che fanno pensare che non sia stato pensato per risolvere la vertenza sul Genoa Port Terminal gestito dal Gruppo Spinelli.
L’emendamento stabilisce che la "funzione caratterizzante" di un’area in concessione deve essere valutata nell’ambito dell’intero Prp, e non più sulla base della singola porzione di territorio affidata al concessionario. In sostanza, si passa da una lettura “microscopica” a una “macroscopica” delle funzioni portuali: la conformità di un terminal viene ora valutata rispetto alla vocazione dell’intera zona portuale, non più al dettaglio della specifica area affidata.
Il nuovo comma esclude formalmente i procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore, quindi non dovrebbe intervenire retroattivamente sulla questione Spinelli. Ricordiamo che la società si era vista annullare la concessione nell’ottobre 2024, ma era rimasta operativa grazie a un titolo provvisorio emesso dall’Autorità portuale sulla base dell'adeguamento del terminal alla sentenza del Consiglio di Stato. Intanto aveva presentato una domanda di rinnovazione della concessione e una richiesta di revocazione della sentenza presso il Consiglio di Stato. Quindi l’emendamento potrebbe comunque esserle utile una volta concluso l’attuale procedimento.
In quel momento, infatti, la funzione del terminal sarà considerata legittima se coerente con l’insieme dell’ambito portuale previsto dal Prp, anche se in prevalenza destinata alla movimentazione di container, superando così le restrizioni che avevano portato all’annullamento della concessione. Il vincolo precedente – secondo cui il traffico container doveva restare minoritario rispetto ad altre tipologie – era infatti basato su un’interpretazione “per metri quadrati” della concessione. La nuova lettura consente invece una valutazione funzionale più ampia, coerente con la struttura complessiva del porto.
Al di là del singolo caso, l’Articolo 6, comma 1-bis, rappresenta un cambio di paradigma nella gestione del demanio portuale. Si potrebbe paragonare la norma a una modifica urbanistica: se prima ogni edificio (cioè ogni terminal) doveva rispettare rigidamente la destinazione d’uso assegnata, ora si guarda alla funzione complessiva del quartiere (il porto) come previsto dal piano regolatore. Questo approccio offre maggiore flessibilità agli operatori, a patto che restino coerenti con l’impianto generale del Prp. Ciò in attesa di una “revisione organica della disciplina di settore”, come auspicato dallo stesso legislatore.

































































