L’annuncio dell’amministrazione Trump di eliminare, a partire dal 29 agosto 2025, la storica esenzione doganale de minimis ha scatenato un effetto domino nei servizi postali europei e internazionali. Per decenni questa franchigia aveva consentito ai pacchi di valore inferiore a 800 dollari di entrare negli Stati Uniti senza dazi, agevolando un commercio di piccolo taglio che solo nel 2024 ha riguardato 1,36 miliardi di spedizioni per un valore complessivo di 64,6 miliardi di dollari. La sua soppressione rappresenta dunque un cambiamento epocale, che tuttavia è stato gestito con modalità tali da lasciare agli operatori tempi di adattamento estremamente ridotti. L’ordine esecutivo è stato firmato il 30 luglio, mentre le specifiche tecniche sono state rese note soltanto il 15 agosto, meno di due settimane prima della scadenza. Una finestra troppo stretta, che non ha consentito di predisporre sistemi informatici e procedure in grado di garantire la riscossione dei nuovi dazi e la corretta trasmissione dei dati doganali.
La conseguenza è stata la sospensione graduale, tra il 22 e il 27 agosto, delle spedizioni di pacchi contenenti merci verso gli Stati Uniti da parte delle principali poste europee. Gli operatori hanno scelto la via della cautela per evitare il rischio che i pacchi in transito restino bloccati alle dogane americane, in assenza di certezze sui nuovi processi di sdoganamento.
Tra i primi ad agire vi sono state Poste Italiane, che dal 23 agosto ha smesso di accettare pacchi diretti oltre Atlantico, mantenendo attiva solo la corrispondenza senza merce e il canale espresso internazionale, e Deutsche Post con Dhl Parcel Germany, che già il 22 agosto hanno sospeso le spedizioni per i clienti commerciali, lasciando operativo soltanto il servizio Dhl Express e alcune eccezioni per regali sotto i 100 dollari. Anche PostNord, che serve Svezia e Danimarca, ha interrotto dal 23 agosto il flusso di pacchi, definendo la misura dolorosa ma necessaria per non incorrere in violazioni delle nuove regole, mentre nello stesso giorno hanno adottato analoghi provvedimenti Bpost in Belgio, PostNL nei Paesi Bassi, Posten Bring in Norvegia, Czech Post, Lithuanian Post e Latvian Post.
Il 25 agosto la lista si è ulteriormente allungata con l’ingresso di La Poste francese, che ha concesso un’eccezione soltanto per i regali privati di valore inferiore a 100 euro, e con le sospensioni di Correos in Spagna e in Portogallo, limitate ai pacchi di valore uguale o inferiore agli 800 dollari. Nello stesso giorno anche Polish Post ha ridotto l’accettazione delle spedizioni, citando le restrizioni imposte dalle autorità americane e dai vettori aerei. L’Austrian Post ha fissato al 25 agosto l’ultima data utile per inviare pacchi, rendendo effettiva la sospensione dal 26, con la sola eccezione dei regali sotto i 100 dollari e dei servizi espressi internazionali. Infine, il 27 agosto scatterà il blocco per Royal Mail, che ha deciso di posticipare di un paio di giorni rispetto agli altri operatori per consentire al maggior numero di pacchi di arrivare a destinazione prima dell’entrata in vigore della nuova normativa. Dal Regno Unito, inoltre, gli invii superiori ai 100 dollari, compresi i regali a parenti e amici, saranno comunque soggetti a un dazio del 10%.
La crisi non si limita al continente europeo. Anche operatori extraeuropei hanno avviato misure analoghe: India Post ha interrotto le spedizioni verso gli Stati Uniti dal 25 agosto, mantenendo in vigore soltanto l’invio di lettere e di regali fino a 100 dollari, mentre Korea Post, Singapore Post, NZ Post e altri servizi postali in Asia e Oceania hanno adottato provvedimenti simili. Il fenomeno ha assunto così una dimensione globale, mettendo in discussione la sostenibilità stessa dei flussi commerciali transatlantici di piccolo valore.































































