Il tunnel ferroviario di base del San Gottardo era stato definito l’opera del secolo con i suoi 57 chilometri di lunghezza, un record tuttora imbattuto, aperto all’esercizio nel 2016 dopo vent’anni di lavoro tra sfide tecniche ciclopiche, pur con qualche imprevisto superiore alle attese. Al contrario, la realizzazione della seconda canna della galleria autostradale che sottopassa la stessa catena montuosa e che è lunga meno di un terzo di quella ferroviaria rischia di trasformarsi in un incubo per i costruttori con l’incognita di far saltare ogni credibile previsione sulla conclusione dei lavori.
Gli scavi del tunnel autostradale, parallelo alla canna esistente in funzione dal 1980, sono iniziati nel febbraio 2025 con una previsione di spesa di 2,3 miliardi di euro. Due le frese meccaniche in funzione, una da nord e l’altra da sud, ma mentre la Tbm che ha attaccato la montagna da Göschenen è partita e avanza senza problemi, la fresa “Paulina” dall’imbocco di Airolo ha collezionato più interruzioni che metri scavati. Il primo fermo si è verificato a luglio 2025 dopo appena 192 metri di avanzamento, quando la testa della fresa è stata inghiottita da una frana interna.
Le indagini promosse dall’Ufficio federale delle strade, l’Ustra, hanno evidenziato ulteriori problemi a causa della roccia instabile nei successivi 500 metri dopo il blocco. Da qui la scelta, tutt’altro che scontata ma inevitabile, di fermare la fresa e di procedere con lo scavo con metodo tradizionale con esplosivo e martellone; questo ha comportato anche la necessità di realizzare un cunicolo di accesso per lavorare in contro-avanzamento rispetto alla fresa in direzione Göschenen. Tutto questo con costi aggiuntivi di una ventina di milioni di euro e con una durata dei lavori prevista fino a otto mesi.
La domanda più che legittima da porsi è se si è trattato di un semplice imprevisto e soprattutto quali saranno gli sviluppi futuri. Al di là delle notizie ufficiali, come le note dell’Ustra, i dubbi sono fondati soprattutto alla luce di un’inchiesta della radio tv pubblica della Svizzera tedesca e romancia, il canale Srf. Da indiscrezioni raccolte e testimonianze dirette, secondo gli autori dell’indagine realizzata tre mesi dopo l’evento, dietro il fermo si celerebbe una storia di relazioni geologiche ignorate, avvertimenti inascoltati e una montagna che non perdona la superficialità con la quale vengono redatti i progetti. Tutto questo appare ancora più assurdo e irresponsabile considerando il fatto che è stata ignorata l’esperienza, frutto della costruzione della prima canna autostradale.
Secondo fonti interne al cantiere, raccolte da Srf in modo confidenziale, la realtà potrebbe riservare sorprese ben più amare rispetto alle previsioni ufficiali e alle certezze dell’Ustra: i tempi dei lavori potrebbero allungarsi fino a due anni, spostando in avanti l’apertura della galleria dal 2030 al 2032. Questo ritardo comporterebbe anche la necessità di posticipare i tempi di risanamento della prima canna autostradale, quella attualmente in funzione dal 1980.
Come si può arrivare a previsioni così catastrofiche? Gli antefatti, li svela sempre l’inchiesta di Srf. Già nel 2016 durante le indagini propedeutiche nella stessa area dell’attuale incidente un semplice foro di sondaggio era stato inghiottito dalla roccia friabile e instabile. Due anni dopo, una dettagliata perizia geologica aveva suggerito di scavare i primi 400 metri con metodo tradizionale e di procedere quindi con la fresa meccanica solo in presenza di condizioni della roccia più favorevoli. Ma una successiva perizia più benevola aveva modificato questa visione lasciando nell’indeterminazione e nella confusione le scelte da prendere.
L’aumento dei costi non si limita ai venti milioni di euro ipotizzati solo per il cambio del metodo di scavo, dalla fresa all’esplosivo. Perché il blocco della Tbm comporta anche un significativo aumento dei costi operativi, in particolare quelli del personale, in quanto precedentemente si lavorava su due turni per cinque giorni la settimana, ora è necessario operare 24 ore su 24, sette giorni su sette, con tre turni di lavoro.
Piermario Curti Sacchi




















































