Il Fondo Monetario Internazionale ha lanciato un nuovo allarme sull’economia globale, tagliando in modo significativo le sue previsioni di crescita per il 2025 e il 2026. Il nuovo World Economic Outlook, pubblicato il 22 aprile 2025, riflette una crescente preoccupazione per le conseguenze di una guerra commerciale innescata dalle politiche tariffarie dell’amministrazione Trump, che rischia di ridefinire gli equilibri economici mondiali. Secondo i relatori, il contesto macroeconomico si sta deteriorando e le prospettive di crescita per il settore dei trasporti e della logistica potrebbero risentirne profondamente.
Secondo il Fondo, la crescita del prodotto interno lordo globale si attesterà al 2,8% nel 2025, una revisione al ribasso rispetto al 3,3% stimato a gennaio. Si tratta del ritmo di espansione più lento dalla crisi sanitaria del 2020 e del secondo peggiore dato dalla recessione globale del 2009. Anche per il 2026 le prospettive non sono rosee: la stima è scesa al 3%, con un calo di 0,3 punti percentuali. Il commercio internazionale, elemento chiave per i flussi di trasporto merci via mare, aria e terra, viene investito direttamente dalla tensione commerciale: la crescita del commercio mondiale subirà una contrazione di 1,5 punti percentuali quest’anno, con un recupero solo marginale previsto per il prossimo.
L’impatto sulle economie avanzate è evidente. Negli Stati Uniti, dove i dazi hanno raggiunto livelli che non si vedevano da un secolo, il Fondo prevede una crescita dell’1,8% nel 2025 e dell’1,7% nel 2026, con una riduzione rispettivamente di 0,9 e 0,4 punti. Le tensioni commerciali stanno generando uno shock dell’offerta che alimenta l’inflazione — prevista al 3% nel 2025, un punto percentuale in più rispetto alla stima precedente — e frena la produttività. Il rischio di recessione, che a ottobre era stimato al 27%, ora è salito al 40%.
Pierre-Olivier Gourinchas, capo economista del Fmi, ha dichiarato in conferenza stampa che “stiamo entrando in una nuova era. Il sistema economico globale che ha funzionato per gli ultimi ottant’anni sta subendo un reset”. Il richiamo è a un mutamento strutturale, che investe non solo le regole del commercio internazionale ma anche la stabilità delle catene del valore e, di conseguenza, la pianificazione delle imprese nel settore trasporti.
Anche la Cina, altro epicentro della tensione commerciale, subisce una decelerazione. La crescita prevista si ferma al 4% per il 2025 e per il 2026, con tagli rispettivi di 0,6 e 0,5 punti percentuali. L’espansione fiscale adottata da Pechino potrà attenuare solo parzialmente l’impatto negativo dei dazi, secondo il Fondo.
Il Fondo sottolinea che lo scenario attuale è molto incerto. Le previsioni sono state aggiornate in tempi molto rapidi, comprimendo in dieci giorni un processo di analisi che normalmente richiede oltre due mesi. Molte delle proiezioni quasi definitive sono state riviste dopo l’annuncio, il 2 aprile, di una nuova ondata di dazi da parte degli Stati Uniti. Il Fmi ha quindi optato per un “scenario centrale” basato sulle informazioni disponibili al 4 aprile, rinunciando a un consueto scenario di riferimento più articolato.
Secondo un’analisi di Bloomberg Economics, realizzata da Alex Isakov e Adriana Dupita, il Fondo tende però a sottostimare l’entità delle crisi in corso. “Le proiezioni del Fmi tendono a essere troppo ottimistiche durante le crisi potenzialmente dirompenti”, hanno scritto. “Per quanto il Fondo possa ridurre le sue previsioni iniziali, la storia suggerisce che il danno finale sarà più grave”.