Rfi, gestore della rete ferroviaria italiana, con grande enfasi ha annunciato il potenziamento infrastrutturale e tecnologico della stazione di Ventimiglia. All’interno di un programma di interventi più ampio che si concluderà nel 2027, dal 13 novembre 2025 sono entrati in esercizio i primi due binari elettrificati secondo lo standard delle ferrovie italiane (linee AV escluse) e precisamente 3 kV in corrente continua. Finora, nonostante Ventimiglia fosse in territorio italiano e sotto la competenza di Rfi, tutto il piazzale di stazione era elettrificato con la tensione francese di 1,5 kV in corrente continua. Detto in questi termini, tutto lascia supporre che si tratti di un investimento che rappresenta un potenziamento della stazione di confine tra l’Italia e la Francia rendendo lo scalo adatto a ricevere i treni delle diverse imprese ferroviarie nazionali, senza limitazioni tecniche. Ma c’è da fare una premessa che racconta tutta un’altra storia.
La scelta a favore dell’elettrificazione a 1,5 kV adottata a suo tempo, e circoscritta solo allo scalo di Ventimiglia, era a dir poco geniale in quanto rappresentava il miglior compromesso possibile per far circolare tutti i treni delle due amministrazioni ferroviarie. Lato Francia non c’erano vincoli in quanto la linea da Marsiglia a Ventimiglia anche se è elettrificata a 25 kV in corrente alternata, è percorsa comunque da locomotive ed elettrotreni politensione in quanto la rete d’oltralpe presenta un’elettrificazione mista. Allo stesso tempo, questa differenza di tensione, tra 1,5 e 3 kV, non comportava alcun problema per i treni italiani, perché potevano transitare sotto la catenaria francese, anche se necessariamente a potenza ridotta, però più che sufficiente per manovrare nel piazzale e gestire il cambio macchina per quei treni, passeggeri e merci, che proseguivano verso la Francia o dovevano invertire la marcia verso Genova.
Ma ora, a dispetto del progresso tecnologico che in teoria dovrebbe favorire l’interoperabilità, questo non è più possibile perché alcuni dei moderni treni regionali italiani, e in particolare quelli conosciuti come Pop e Rock, sono incompatibili con l’alimentazione a 1,5 kV, nel senso che potrebbero in teoria manovrare autonomamente, ma senza gli apparati di bordo attivi, compresi tutti gli impianti, più per una questione di software che di sostanza. Da qui sarebbe nata la scelta di aggiornare in diverse fasi tutte le infrastrutture della trazione elettrica a Ventimiglia in modo da avere diversi binari di sosta alimentati a 3 kV.
Sulla carta questa decisione potrebbe avere una sua logica, ma è legittimo porsi almeno qualche domanda sull’opportunità e sulla necessità di questo intervento. Secondo alcuni pareri tecnici raccolti, la soluzione più logica e oltretutto relativamente economica, sarebbe stata quella di intervenire sui treni adattando le apparecchiature elettriche ed elettroniche a questa esigenza, cosa che li avrebbe resi compatibili per lo scalo di Ventimiglia, come del resto è sempre stato in passato. E invece si è deciso di intervenire su tutto il piazzale di Ventimiglia investendo risorse economiche sicuramente maggiori, a servizio di una manciata di treni regionali, mentre per esempio il servizio merci non avrebbe richiesto alcun intervento aggiuntivo.
Ma c’è un’altra domanda che è legittimo porsi: perché i nuovi treni non sono stati ordinati con gli impianti compatibili con i diversi sistemi di alimentazione? In fondo si tratta solo di una predisposizione del software, praticamente a costo zero se fatta all’origine. Nessuno ha fatto mente locale su questo? E invece da qui al 2027 saranno spesi a Ventimiglia quasi dieci milioni di euro per un investimento che forse si poteva evitare.
Piermario Curti Sacchi






















































