Nel ricorso accolto dal Tribunale, la Commissione contesta alla Francia di non avere previsto la separazione tra l'ente che gestisce i servizi ferroviari, ossia la SNCF, e quello che gestisce l'infrastruttura (Réseau ferré de France, «RFF»), specialmente per quanto riguarda l'esercizio delle funzioni considerate essenziali, tra cui la ripartizione delle linee ferroviarie. Infatti, la Direction des Circulations Ferroviaires («DCF»), che all'epoca non era indipendente dalla SNCF, continuerebbe ad essere incaricata dell'assegnazione delle linee ferroviarie.
Un altra contestazione della Commissione Europea riguarda la normativa francese, che non recepisce integralmente i requisiti relativi all'istituzione di un sistema di miglioramento delle prestazioni circa l'imposizione dei diritti di accesso all'infrastruttura ferroviaria. Inoltre, non prevederebbe sufficienti incentivi a ridurre i costi di fornitura dell'infrastruttura e il livello dei diritti di accesso.
Da parte sua, la Francia ritiene di aver ormai portato pienamente a compimento il recepimento della direttiva 91/440 relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie mediante l'adozione, nel 2011, di una nuova normativa. Tuttavia, la Corte ricorda che l'esistenza di questo inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione della normativa francese quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato inviato dalla Commissione alla Francia durate il procedimento precontenzioso (vale a dire il 9 dicembre 2009). Di conseguenza, le modifiche apportate alla normativa francese successive a detta data non possono essere prese in considerazione nell'ambito dell'esame della fondatezza del presente ricorso.
Non solo: il prospetto informativo della rete ferroviaria francese contenente tutte le informazioni necessarie all'esercizio dei diritti di accesso a tale rete per il 2011 e il 2012 prevede solo un'imposizione specifica applicabile ai diritti di prenotazione delle linee ferroviarie per il traffico merci, a condizione che la lunghezza totale sia superiore a 300 km e che la velocità sia superiore a 70 km/h. Secondo la Corte, detto sistema non forma pertanto un insieme coerente e trasparente che possa essere qualificato come sistema effettivo di miglioramento delle prestazioni ai sensi della direttiva.
Inoltre, le condizioni generali della RFF contengono disposizioni relative al risarcimento del gestore dell'infrastruttura in caso di mancato utilizzo di una linea ferroviaria per causa imputabile all'impresa ferroviaria e al risarcimento dell'impresa ferroviaria in seguito alla soppressione di linee ferroviarie per fatto dovuto al gestore. Tuttavia, tali disposizioni non costituiscono un sistema di miglioramento delle prestazioni ai sensi della direttiva, poiché contengono solo semplici clausole di responsabilità in caso di danni e prevedono solo le conseguenze risarcitorie in caso di soppressione delle linee ferroviarie da parte della RFF.
Infine, l'istituzione in via sperimentale di un meccanismo specifico di miglioramento delle prestazioni previsto dal «contratto di performance» è unicamente a carico della RFF. Pertanto, tale contratto non costituisce un sistema di miglioramento delle prestazioni tale da incentivare il gestore dell'infrastruttura e le imprese ferroviarie. Inoltre, le disposizioni del contratto di performance sono limitate alla rete per il traffico merci, mentre la direttiva prevede che i principi di base del sistema di miglioramento delle prestazioni si applichino a tutta la rete.
© TrasportoEuropa - Riproduzione riservata
Vuoi rimanere aggiornato sulle ultime novità sul trasporto e la logistica e non perderti neanche una notizia di TrasportoEuropa? Iscriviti alla nostra Newsletter bisettimanale con l'elenco ed i link di tutti gli articoli pubblicati nei giorni precedenti l'invio. Gratuita e NO SPAM!