L’operazione Broken Wall, condotta dalla Guardia di finanza e dall’Agenzia delle Dogane di Firenze sotto il coordinamento della Procura europea di Bologna e Torino e annunciata il 19 novembre 2025, ha disarticolato un sistema di frode che per anni ha sfruttato i regimi doganali speciali destinati a facilitare il movimento delle merci all’interno dell’Unione Europea. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, l’evasione dell’imposta sul valore aggiunto avrebbe raggiunto 90 milioni di euro, con sequestri per oltre 19 milioni di euro disposti dal giudice per le indagini preliminari di Firenze.
Il fulcro dello schema illecito era l’uso illecito della procedura doganale 42, che consente l’immissione in libera pratica senza pagamento immediato dell’Iva quando la merce è destinata a un altro Stato membro. Le importazioni dalla Cina venivano dichiarate come dirette verso clienti europei, ma in realtà i beni rimanevano in Italia, immessi nel mercato nazionale a prezzi ribassati perché privi del carico fiscale. Le cessioni intracomunitarie apparenti venivano supportate da fatture e documenti di trasporto falsi, mentre gli acquirenti comunitari erano soggetti fittizi o meri prestanome.
A rendere possibile il meccanismo era un deposito fiscale a Sesto Fiorentino, che fungeva da snodo logistico per mascherare la reale destinazione delle merci. Attraverso una serie di società di comodo italiane ed estere, la rete criminale costruiva triangolazioni simulate che attribuivano all’estero partite di merce che non oltrepassavano mai i confini nazionali. L’indagine ha accertato un utilizzo analogo della procedura 45, dedicata ai depositi Iva: l’estrazione dei beni avveniva con autofatture regolari solo in apparenza, seguite da false vendite intracomunitarie; i prodotti venivano poi distribuiti in nero sul territorio italiano, con il risultato che l’imposta non veniva mai versata.
Secondo gli inquirenti, il deposito toscano costituiva un punto nevralgico per dissimulare i flussi reali, con impatto diretto sulla logistica e sul mercato nazionale. La disponibilità di merce a prezzi anomali incideva infatti sulle catene di approvvigionamento e sui segmenti più esposti alla concorrenza basata sul prezzo, in particolare tessile-moda, pelletteria e commercio elettronico, settori caratterizzati da elevati volumi d’importazione e forte integrazione con gli snodi distributivi del Centro Italia.
Le attività di cooperazione internazionale attivate dalla Procura europea Eppa hanno coinvolto autorità doganali e di polizia di Germania, Polonia, Bulgaria, Spagna, Repubblica Ceca e Ungheria. I riscontri effettuati presso le sedi delle società formalmente destinatarie della merce hanno confermato l’assenza di strutture logistiche adeguate, rivelando solo uffici virtuali e recapiti di comodo. Questo elemento ha chiarito la dimensione transnazionale della frode e l’artificialità della rete commerciale utilizzata per giustificare le triangolazioni.
Nel corso dei controlli doganali sono stati sequestrati circa mezzo milione di capi di abbigliamento di contrabbando e sono emerse dichiarazioni di valore gravemente sottostimate per partite di bici elettriche, introdotte in dogana a un prezzo dichiarato tra 50 e 110 euro per unità, in alcuni casi pari a un decimo del valore corrente. La documentazione acquisita, anche digitale, sarà ora utilizzata per completare la ricostruzione della filiera e definire eventuali ulteriori responsabilità.
L’aspetto logistico emerge come elemento centrale dell’intera vicenda. L’uso distorto dei regimi doganali speciali ha inciso sul tracciamento dei flussi, sulla corretta applicazione della fiscalità alle frontiere e sulle dinamiche di mercato. Secondo gli inquirenti, l’alterazione dei percorsi doganali e l’ingresso illecito di merci in Italia hanno generato un vantaggio competitivo ingiustificato per gli operatori coinvolti, con effetti sulle imprese che rispettano la normativa e sulle reti distributive che si basano sulla tracciabilità.































































