Nel 2023 l’associazione Libera – il cartello contro le mafie fondato nel 1994 e presieduto da Don Ciotti – pubblicò la prima edizione del rapporto “Diario di bordo”, che esplorava i casi di criminalità nei porti italiani, con una parte dedicata anche a quelli europei. Nel 2025 è uscita la seconda edizione, aggiornata con i dati relativi al 2024. La ricerca – curata da Marco Antonelli, Francesca Rispoli e Peppe Ruggiero, con contributi di Andrea Giambartolomei e Monica Usai – intende colmare un vuoto informativo sull’argomento, offrendo una lettura articolata delle dinamiche illecite che attraversano gli scali marittimi nazionali.
Il rapporto parte dalla constatazione che la criminalità organizzata, attraverso una “rapina sistematica” delle risorse pubbliche, soffoca lo sviluppo economico del Paese, minando alle fondamenta l’integrità di settori chiave come quello portuale. L’analisi, basata su dati dell’Agenzia delle Dogane, della Guardia di Finanza e sulla rassegna stampa di Assoporti, riconosce i limiti delle fonti disponibili, ma punta a mappare le forme e l’evoluzione delle illegalità negli scali italiani. Nel 2024, sono stati registrati 115 casi di criminalità portuale, in aumento rispetto all’anno precedente.
I porti coinvolti sono saliti a trenta, con Livorno in testa (16 casi), seguito da Bari e Genova (10 ciascuno). Proprio Bari mostra il balzo più marcato, passando da un solo caso nel 2023 a dieci nel 2024. L’illegalità si concentra soprattutto in Liguria (18 episodi), Toscana (17), Puglia (16) e Campania (15), mentre si amplia anche la geografia dei porti colpiti, con cinque nuovi ingressi nella lista.
Le attività illecite più frequenti riguardano l’importazione illegale di merci, che copre quasi l’80% degli episodi, seguita da esportazioni irregolari, sequestri in transito, traffico di prodotti contraffatti, droga, contrabbando, rifiuti e, in misura minore, reati finanziari. La cocaina domina tra le sostanze sequestrate, nascosta per lo più su navi portacontainer, mentre la Cina si conferma il principale punto d’origine delle merci contraffatte. Il contrabbando di sigarette resta significativo nei porti pugliesi, e non mancano episodi curiosi, come quello del traffico illecito di sabbia, vongole o corallo.
Negli ultimi tre anni (2022-2024), si contano 365 eventi criminali – uno ogni tre giorni – con Genova e Livorno in testa alla classifica (37 episodi ciascuno), seguiti da Ancona, Palermo, Napoli e altri scali di rilievo. Liguria, Sicilia, Campania e Toscana sono le regioni più esposte. Il rapporto fa un salto indietro nel tempo, tracciando il coinvolgimento della criminalità organizzata in 69 porti italiani tra il 1994 e il 2023, con 26 matrici criminali identificate, italiane e straniere. Le mafie tradizionali – ’ndrangheta, camorra, cosa nostra – si affiancano a reti albanesi, cinesi, nigeriane e latinoamericane, spesso in collaborazione per gestire traffici complessi come droga e merci contraffatte. Le infiltrazioni riguardano anche settori formalmente legali, dalla logistica alla cantieristica, dai servizi di vigilanza alle concessioni.
Lo sguardo di Libera si allunga sui porti del Nord Europa – Rotterdam, Anversa, Amburgo – dove la pressione repressiva ha innescato l’effetto “materasso d’acqua”, spingendo i traffici verso porti minori in Scandinavia o in Africa occidentale. In Olanda, l’arresto degli “estrattori” di droga è calato grazie a strumenti come il team Harc, che integra polizia, dogana e magistratura. Controlli più severi, campagne contro la corruzione interna, tecnologie di sorveglianza e una “recinzione virtuale” con droni e telecamere hanno rafforzato la sicurezza. Dal gennaio 2024, l’Alleanza Europea dei Porti unisce 34 scali in un programma comune da 200 milioni di euro.
Le reti criminali, sempre più agili e transnazionali, approfittano però di ogni spiraglio. Le rotte del narcotraffico si snodano tra Sud America e Nord America, con passaggi per Ecuador e Messico, l’uso di sommergibili artigianali e tunnel clandestini. In Europa, il 70% della droga sequestrata transita dai porti, con Belgio, Spagna e Paesi Bassi in prima linea. L’aumento dei controlli nei porti principali spinge in narcotrafficanti a usare quelli minori.
Un capitolo riguarda la corruzione e mette in luce 41 episodi sospetti tra il 2018 e il 2024 nelle Autorità di Sistema Portuale italiane (o ex Autorità Portuali). In 17 casi sono state segnalate condotte corruttive, e in altri 24 sono in corso procedimenti penali o disciplinari. Si tratta per lo più di vicende legate a contratti pubblici, concessioni, autorizzazioni, gestione del personale e vigilanza. Le inadempienze nella trasparenza sono diffuse: relazioni mancanti o pubblicate in formati illeggibili. I reati contestati vanno dalla corruzione al peculato, dalla frode all’abuso d’ufficio. Secondo Libera, il Pnrr, con i suoi investimenti miliardari per la modernizzazione dei porti, espone ulteriormente il settore al rischio di infiltrazioni criminali.
Il rapporto si sofferma sulla recente inchiesta di Genova annunciata il 7 maggio 2024 che ha coinvolto politici, amministratori e imprenditori. Al centro delle indagini, un intreccio tra favori politici e vantaggi economici, con al centro la figura di Giovanni Toti, allora presidente della Regione Liguria, Paolo Emilio Signorini, a capo dell’Autorità di Sistema Portuale, e l’imprenditore Aldo Spinelli. Libera afferma che questa inchiesta ha rivelato le fragilità della governance portuale italiana, dove le decisioni chiave restano spesso in mano a un intreccio opaco tra politica locale e interessi economici.
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