In seguito alla pubblicazione di questo articolo, Rfi ha inviato alcune precisazioni sul progetto della nuova stazione, che potete leggere qui.
Con un ampio riscontro da parte della stampa, soprattutto quella locale, ai primi di novembre 2025, Rfi ha sottoscritto lo schema di accordo per il coordinamento degli interventi previsti per la realizzazione di una nuova stazione ferroviaria a Segrate, destinata a diventare la Porta Est di Milano. Questa intesa è il frutto di un accordo di programma firmato nel 2009 da Regione Lombardia, Comune di Segrate, Provincia di Milano e Westfield Milan, la società che ha in programma un vasto insediamento commerciale in quest’area. Oltre alla stazione ferroviaria è previsto l’interscambio con la metropolitana M4 di Milano e l’insediamento di un terminal per i trasporti pubblici.
Ora Rfi si impegna a sviluppare il progetto di fattibilità tecnico-economica e, una volta garantita la copertura finanziaria, a proseguire con le fasi progettuali e autorizzative per la realizzazione della stazione e del terminal del trasporto locale. Puntualizziamo subito che questo progetto riguarda solo il trasporto passeggeri, ma da un’analisi più attenta si può dedurre che ci saranno impatti anche per i treni merci e le prospettive sono tutt’altro che incoraggianti. Per arrivare però a questa conclusione, occorre entrare più in dettaglio nella capacità del nuovo impianto posto sulla Milano-Brescia-Verona, oltre alle potenzialità delle linee interessate e al modello di esercizio.
Gli attuali quattro binari disponibili, due lenti e due veloci, sarebbero sufficienti se fossero percorsi solo da treni che si susseguono a cadenza regolare con il modello noto come “a plotone”. Ma la situazione è decisamente differente nel caso di una “stazione porta”, dove per definizione si dovrebbero fermare tutti i treni per massimizzare gli interscambi, quindi i suburbani, i regionali, i regionali veloci e in teoria, anche se solo in parte, gli AV. Ma se le potenzialità dell’impianto non sono pensate per consentire la massima fluidità nell’esercizio c’è il rischio che un treno che fa fermata obbliga quello successivo ad attendere la via libera. L’ideale sarebbe quindi sdoppiare i binari di sosta avendo a disposizione uno scalo adeguato a questo modello di esercizio, cosa che secondo le prime indicazioni pare che Segrate Porta Est non abbia in quanto dovrebbe essere previsto un piazzale a sei binari, mentre l’ideale sarebbe averne a disposizione otto, se non dieci.
La sintesi di questa lunga disamina è quella di una struttura che nasce con evidenti limiti che impattano non solo sul servizio passeggeri, ma anche sul trasporto merci, perché tutto passa da questo nodo. In particolare, il punto critico è il bivio a raso tra la linea diretta e l’itinerario merci, posto tra Pioltello e Segrate che influisce sulla circolazione di tutti i treni anche per via del modesto piano binari di Pioltello.
Già la situazione attuale è al limite, se non oltre. Secondo testimonianze raccolte tra i responsabili dell’esercizio ferroviario, capita spesso che un treno merci viene parcheggiato sul secondo binario a Pioltello, rimanendovi fermo a lungo, in quanto impossibilitato a trovare uno spazio per tagliare trasversalmente tutti gli itinerari della linea diretta per accedere allo scalo di Smistamento, con il risultato che a sua volta i treni del servizio passeggeri si accodano con ulteriori ritardi. La stessa cosa avviene anche in senso inverso, quando in più di un’occasione un treno merci che proviene da Smistamento è costretto a fermarsi in attesa di poter accedere alla linea diretta, bloccando a sua volta altri treni. Come si potranno conciliare questi limiti, con una nuova stazione che creerà ulteriori contraccolpi e rigidità nell’esercizio?
E come se tutto questo non fosse già sufficiente, il terminal intermodale di Melzo si trova a sud del fascio binari della Milano-Brescia con il risultato che allo stesso si accede percorrendo i binari della linea veloce, tutti con deviate a raso perché non è mai stato predisposto un sistema di raccordi a livelli sfalsati, quelli che in ferrovia si chiamano a salto di montone. Ma di fatto anche questo non è una novità, visti i numerosi bivi a raso presenti su buona parte della rete Rfi. Si investono risorse anche importanti sulle nuove linee, ma non sui nodi che rischiano di essere il vero cul-de-sac, limitando le potenzialità di tutta la rete.
Piermario Curti Sacchi



















































