Il 19 dicembre 2025 Maersk ha completato il primo transito nel Mar Rosso e attraverso il canale di Suez dopo quasi due anni di deviazioni nella rotta africana a causa degli attacchi degli Houthi. La portacontainer Maersk Sebarok, in viaggio dall’India verso gli Stati Uniti, ha attraversato tra il 18 e il 19 dicembre lo stretto di Bab el-Mandeb, segnando un passaggio simbolico per il trasporto marittimo di container, ancora condizionato dalle tensioni geopolitiche nell’area.
La compagnia danese ha però chiarito fin da subito che l’operazione non rappresenta un ritorno strutturale alle rotte trans-Suez. Il transito è stato definito come un passaggio di prova, inserito in un approccio graduale che non implica, allo stato attuale, una revisione complessiva della rete est-ovest. Maersk ha ribadito che ogni decisione futura dipenderà dalla stabilità delle condizioni di sicurezza e dalla loro continuità nel tempo.
La linea prudente è coerente con la strategia mantenuta dalla compagnia nel corso del 2025. Già nella prima parte dell’anno Maersk aveva indicato che le interruzioni dei traffici nel Mar Rosso si sarebbero probabilmente protratte fino alla fine dell’esercizio, nonostante segnali di distensione sul piano diplomatico. L’amministratore delegato Vincent Clerc ha più volte sottolineato che la priorità resta la tutela degli equipaggi, delle navi e dei carichi, anche a costo di mantenere itinerari più lunghi e onerosi.
Nel panorama delle grandi compagnie container, le posizioni restano differenziate. Cma Cgm appare l’operatore più orientato a una ripresa anticipata dei transiti. Il Gruppo francese ha continuato nei mesi scorsi a effettuare passaggi selettivi nel Mar Rosso, anche sotto protezione militare, e ha annunciato che dal gennaio 2026 il servizio Indamex tra India e Stati Uniti tornerà a utilizzare il canale di Suez. La strategia riflette una valutazione più favorevole sull’evoluzione del quadro di sicurezza e una maggiore disponibilità ad assorbire i rischi residui.
Più sfumata la posizione di Msc. La compagnia svizzera ha più volte indicato che la rotta attorno al capo di Buona Speranza non rappresenta una soluzione ottimale sul lungo periodo, ma non ha ancora comunicato tempistiche o test operativi per un rientro a Suez. I contatti con l’Autorità del Canale proseguono, ma senza impegni pubblici su transiti sperimentali.
Hapag-Lloyd mantiene una linea di sostanziale attesa. Il Gruppo tedesco continua a deviare le proprie navi, ribadendo che il ritorno nel Mar Rosso sarà valutato solo quando le condizioni saranno considerate pienamente sicure. Una posizione analoga caratterizza evergreen, che subordina qualsiasi ripresa dei transiti a una stabilità duratura, mentre Cosco lega il tema della sicurezza anche a una normalizzazione più ampia del mercato, in termini di equilibrio tra domanda e offerta di capacità.
Sul piano operativo, il nodo centrale resta il costo del rischio. I premi assicurativi di guerra continuano a incidere in modo rilevante sui transiti nell’area, con livelli che si attestano intorno all’1% del valore dello scafo, rendendo economicamente oneroso il passaggio anche in presenza di corridoi protetti. Gli assicuratori, a loro volta, attendono segnali di stabilità prolungata prima di rivedere al ribasso le coperture. In questo contesto, l’estensione dell’operazione navale europea Eunavfor Aspides fino al 28 febbraio 2026 rappresenta un elemento di cornice, ma non ancora una garanzia sufficiente per una riapertura generalizzata.
Esistono inoltre incentivi commerciali che spingono alcune compagnie a non accelerare il ritorno al Canale di Suez. Le deviazioni attorno al Capo di Buona speranza hanno aumentato la domanda di tonnellate-miglio per le navi container di circa il 17%, contribuendo a sostenere l’utilizzo della flotta e la redditività delle linee in una fase di mercato altrimenti caratterizzata da eccesso di capacità. Un rientro rapido sulle rotte più brevi ridurrebbe questo effetto, liberando spazio sul mercato.
Secondo le valutazioni degli analisti di settore, un ritorno diffuso alla normalità comporterebbe una riduzione della domanda globale di portacontainer nell’ordine del 10%, con il rischio di nuove pressioni sui noli e di una maggiore volatilità dei tassi spot. Per questo motivo molte compagnie stanno studiando una transizione per fasi, iniziando con l’impiego di navi di dimensioni inferiori a 10mila teu, per poi aumentare gradualmente la capacità fino al ripristino delle portacontainer da 18mila a 24mila teu. L’allineamento completo degli orari di servizio richiederebbe in questo scenario da uno a due mesi.
Il transito della Maersk Sebarok s’inserisce quindi in una fase di equilibrio instabile, in cui segnali operativi e annunci pubblici non sempre coincidono. Le autorità del canale di Suez continuano a promuovere il ritorno dei traffici, mentre le compagnie adottano un atteggiamento attendista, basato sull’osservazione dell’andamento degli incidenti, dei costi assicurativi e della tenuta complessiva del contesto di sicurezza nel corso delle prossime settimane.
Pietro Rossoni

































































