l 14 ottobre è una data fondamentale nella guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina. Da tale giorno, infatti, Washington attiva le tariffe di accesso ai porti statunitensi per le navi costruite in Cina, una misura che si aggiunge ai dazi e che aumenterà ulteriormente il costo delle merci importate. Ma la tregua degli ultimi mesi si era già deteriorata qualche giorno prima con l’annuncio dell’applicazione da novembre di dazi ulteriori al 100% alle merci cinesi e con le contromisure annunciate da Pechino. È un progressivo inasprimento dei provvedimenti che aumenta le incognite sul commercio internazionale e quindi sul trasporto marittimo e aereo delle merci.
Gli Stati uniti impongono una tariffa di accesso ai propri porti a tutte le navi di produzione cinese, indipendentemente dalla loro bandiera e dalla nazionalità dell’armatore, con lo scopo di contrastare il predominio della cantieristica cinese, rilevato attraverso un’indagine dell’ufficio Ustr, quello del Rappresentante Commerciale. Il sistema tariffario è articolato: le navi di proprietà o gestite da entità cinesi sono soggette a una tariffa di 50 dollari per tonnellata netta per viaggio, con incrementi annuali programmati fino a raggiungere 140 dollari per tonnellata netta entro aprile 2028; per le navi costruite in Cina ma operate da compagnie non cinesi, la tariffa è calcolata secondo il criterio più alto tra 18 dollari per tonnellata netta o 120 dollari per teu e questa struttura tariffaria progressiva prevede aumenti annuali di 5 dollari per tonnellata netta nei prossimi tre anni.
Il provvedimento prevede due eccezioni. Una è per la navi car carrier, che hanno un’imposizione fissa di 46 dollari per tonnellata netta e l’altra è per le gasiere che trasportano gas naturale liquefatto, che sono esentate, ma sono soggette a requisiti specifici per il trasporto su navi battenti bandiera americana. Ricordiamo che gli Stati Uniti sono tra i principali esportatori di gas naturale, quindi con questa esenzione vogliono mantenere la competitività del proprio prodotto.
Ma l’azione dell’Ustr non si limita alle navi. L’ufficio ha anche proposto un dazio aggiuntivo del 100% per le gru portuali di produzione cinese, da attivare il 9 novembre 2025 e sono allo studio dazi su container, rimorchi per veicoli industriali e altri componenti portuali di origine cinese che potranno variare dal 20% al 100%.
A questa imposizione, la Cina ha risposto con “tariffe portuali speciali” che applica, sempre dal 14 ottobre, a tutte le navi legate agli Stati Uniti che approdano nei suoi porti. S’inizia da 400 yuan (circa 56 dollari) per tonnellata netta, per proseguire con aumenti graduali programmati: 640 yuan (aprile 2026), 880 yuan (aprile 2027), fino a 1.120 yuan per tonnellata netta entro aprile 2028. Queste tariffe si applicano a una vasta gamma d’imbarcazioni: navi di proprietà, gestite o costruite negli Stati Uniti, quelle battenti bandiera americana, e quelle possedute o operate da entità con partecipazione americana del 25% o superiore.
Quest'ultima clausola potrebbe avere un impatto elevato, considerando la presenza d’investitori americani in molte compagnie di navigazione globali. La Cina ha inoltre annunciato sanzioni contro cinque controllate americane del costruttore navale sudcoreano Hanwha Ocean, accusate di aver supportato l'indagine Section 301 americana. Queste sanzioni proibiscono completamente qualsiasi transazione o cooperazione con le entità sanzionate, evidenziando l'estensione del conflitto commerciale oltre i confini bilaterali.
Le analisi di settore stimano che il trasporto marittimo globale dovrà sostenere costi aggiuntivi di 3,2 miliardi di dollari nel 2026 a causa delle sole tariffe americane. Cosco, la più grande compagnia di navigazione cinese, è destinata a subire l'impatto maggiore con costi stimati di 1,5 miliardi di dollari annui. Oocl, controllata da Cosco, dovrà affrontare costi aggiuntivi di 654 milioni di dollari, equivalenti al 7,1% del suo fatturato previsto. Altre compagnie colpite includono Cma Cgm (400 milioni), Evergreen (350 milioni) e Hapag-Lloyd (200 milioni).
Per contenere questo aumento dei costi, alcune compagnie di navigazione stanno attuando strategie per ridurre l'impatto delle tariffe. Cosco e Oocl stanno esplorando la possibilità di utilizzare navi non cinesi attraverso collaborazioni all'interno della Ocean Alliance con Cma Cgm ed Evergreen. Molte compagnie stanno inoltre considerando il cambiamento di rotte usando porti messicani, canadesi o caraibici per evitare le tariffe portuali statunitensi. Ciò è possibile perché nel cabotaggio americano operano anche compagnie statunitensi.
Gli analisti prevedono anche conseguenze sui porti statunitensi. Quelli della costa occidentale americana, in particolare Los Angeles e Long Beach, che gestiscono circa il 40% di tutte le importazioni in container del Paese, stanno già registrando un calo dell'attività e le prenotazioni di navi dalla Cina agli Stati Uniti sono diminuite del 60% nelle ultime settimane. Nello stesso tempo i porti europei e sudamericani potrebbero beneficiare del re-indirizzamento delle rotte commerciali globali, con aumenti stimati del 2-5% nel traffico di container. In tutti i casi, si prevedono aumenti dei noli.
Ma questo è solo uno degli elementi del conflitto commerciale tra Usa e Cina. L’altro, altrettanto importante, è il sistema dei dazi sulle merci, indipendentemente da come sono importate. Dopo una tregua bilaterale stabilita a maggio, che prevede una quota del 30% sulle importazioni cinesi e del 10% su quelle statunitensi fino al 10 novembre, il 10 ottobre Trump ha bruscamente cambiato rotta, annunciando un ulteriore dazio del 100% sulle merci cinesi, che dal primo novembre si aggiungeranno a quelli già in vigore. Dallo stesso giorno ci saranno controlli sulle esportazioni di tutto il software ritenuto “critico”. Finora è comunque confermato l’incontro del primo novembre tra Trump e Xi Jinping al summit Apec in Corea del Sud.
Per comprendere questo brusco cambio di rotta, bisogna considerare un contesto più ampio, che coinvolge anche le esportazioni di elettronica dagli Usa e di terre rare dalla Cina. La tensione è aumentata a ottobre: il 7 del mese il House Select Committee on Strategic Competition ha pubblicato un rapporto che raccomanda controlli più severi sulle esportazioni di attrezzature per semiconduttori verso la Cina. Due giorni dopo, il ministero del Commercio cinese ha pubblicato l'Annuncio 61 del 2025, che istituisce i controlli più severi su elementi delle terre rare e tecnologie correlate.
Il nuovo regolamento ha aggiunto cinque elementi delle terre rare pesanti alla lista di controllo esistente: olmio, erbio, tulio, europio e itterbio, portando il totale a 12 dei 17 elementi delle terre rare di cui la Cina ha in mano l’intera filiera, dall’estrazione alla produzione di componenti che le richiedono. In pratica, la Cina ha introdotto una "Foreign Direct Product Rule" modellata sulla strategia statunitense utilizzata per i semiconduttori. Questa regola richiede che aziende straniere ottengano licenze di esportazione cinesi per qualsiasi prodotto che contenga 0,1% o più di terre rare di origine cinese o che sia stato prodotto utilizzando tecnologie cinesi, anche quando nessuna azienda cinese è direttamente coinvolta nella transazione.
Le conseguenze sono state immediate: Asml, l'unica azienda al mondo che produce macchine per la litografia Euv utilizzate nella produzione dei chip più avanzati, ha immediatamente avvertito di ritardi nelle spedizioni di diverse settimane a causa delle nuove restrizioni. L'azienda olandese dipende da elementi delle terre rare di origine cinese per componenti critici nei suoi sistemi laser ad alta precisione, magneti e altri componenti essenziali. Anche la produzione automobilistica europea è sotto pressione, anche se finora non si registrano ritardi significativi.
Le restrizioni cinesi influiranno anche sulla produzione militare statunitense. Il Center for Strategic and International Studies ha evidenziato che le terre rare sono cruciali per varie tecnologie di difesa, inclusi jet da combattimento F-35, sottomarini delle classi Virginia e Columbia, missili Tomahawk, sistemi radar e veicoli aerei senza pilota Predator. La Cina ha annunciato che dal 1° dicembre 2025, negherà gran parte delle licenze di esportazione verso le aziende con qualsiasi affiliazione a militari stranieri, inclusi quelli degli Stati Uniti.
Questa crisi sta mettendo in evidenza le vulnerabilità sistemiche nelle catene di approvvigionamento tecnologiche globali. Con la Cina che controlla oltre il 90% della raffinazione delle terre rare e circa il 60% dell'estrazione, la capacità di Pechino di "vietare a qualsiasi paese sulla Terra di partecipare all'economia moderna" rappresenta una nuova dimensione del rischio geopolitico. Le aziende occidentali stanno sviluppando strategie di diversificazione per ridurre la dipendenza dalle terre rare cinesi, tuttavia, molti elementi delle terre rare hanno proprietà uniche che nel breve termine li rendono difficili da sostituire in applicazioni ad alte prestazioni.































































