Nel 2024 le attività di “trasporti e magazzinaggio” hanno prodotto in Lombardia 17,1 miliardi di euro; depurata delle attività passeggeri e miste, la quota attribuibile al solo comparto logistico scende a 15,8 miliardi ma resta superiore a quella di settori tradizionalmente forti come le costruzioni o la metallurgia. In termini relativi la regione genera poco più del 22 per cento del valore aggiunto nazionale del comparto, a conferma di una posizione al vertice che dura da oltre un decennio. Questi dati emergono dal rapporto sulla logistica lombarda realizzato da Polis Lombardia.
Questa prestazione poggia su una rete di 802 magazzini, pari al 28,3 percento della superficie logistica italiana: oltre dodici milioni di metri quadrati concentrati per metà entro quaranta chilometri da Milano, dove la taglia media degli immobili cresce dai 8.000 metri quadrati dei poli periurbani ai 20mila metri quadrati di quelli più distanti; il capoluogo ne conta 356, seguito da Pavia con 77 e Bergamo con 85.
In questi spazi operano 24.325 unità locali dedicate al trasporto e al deposito merci, il 39,8 percento delle quali è registrato nella Città metropolitana di Milano. Gli addetti “logistici puri” sono 202.175, ma l’intera classe H ne impiega 261.860 e, ripartendo le attività miste, la stima sale a 216.229. Oltre la metà di questa forza lavoro – il 51,6 percento – si concentra nell’area milanese.
Il tessuto imprenditoriale mostra 25.525 imprese, cioè il 18 percento del totale nazionale, con un indice di specializzazione regionale pari a 1,12; Milano da sola raggiunge 1,296, mentre Lodi e Como si collocano appena sotto la soglia di uno. Negli ultimi quindici anni le ditte individuali si sono ridotte a favore delle società di capitale, segno di patrimonializzazione e concentrazione del mercato . La crescente incertezza delle catene di fornitura globali ha indotto inoltre un passaggio dal just-in-time a forme di just-in-case che spingono la domanda di magazzini di classe A più grandi e automatizzati, soprattutto lungo l’asse Pioltello-Melzo e nell’area di Montichiari.
Per quanto riguarda il consumo di suolo, fra il 1999 e il 2024 la logistica ha convertito 2.040,22 ettari di suolo libero, corrispondenti a una media di 81,6 ettari l’anno, cioè 0,22 ettari al giorno. I maggiori volumi assoluti si registrano a Pavia (447,94 ettari) e Milano (425,79 ettari), seguite da Mantova e Bergamo; nel complesso il settore spiega il 2,44 percento del consumo di suolo regionale e il 10,61 percento di quello destinato a funzioni produttive. Dopo il picco del 2021 il ritmo di espansione è sceso del 20 percento, ma nello stesso triennio il passo è tornato a crescere in Pavia (+5 %), Cremona (+43 %) e Mantova (+57 %).
L’impronta morfologica rivela che tre quarti degli ambiti logistici occupano fra uno e quattro ettari, mentre soltanto quarantasette interventi superano i dieci ettari; questi ultimi, appena il nove percento del totale, assorbe però oltre il quaranta percento di tutto il suolo consumato dal 1999. In diversi casi le estensioni superano i trenta ettari e mostrano ampi piazzali impermeabili, con coperture verdi residuali e frammentate.
La lettura delle pratiche urbanistiche conferma che poco meno di trecento comuni sono stati interessati dalle trasformazioni: metà degli interventi ha richiesto varianti ai Pgt, innalzando in alcuni casi l’altezza massima consentita da 20 a 32 metri; in tre progetti si è fatto ricorso alla procedura Suap per accelerare la procedura. Gli oneri di urbanizzazione derivati dagli insediamenti incidono mediamente per il 20 percento sui bilanci comunali annuali, alimentando un forte incentivo locale di breve periodo.
La ricerca afferma che Lombardia presenta quindi un settore logistico economicamente robusto e ad alta intensità di capitale che, mentre consolida la propria centralità nazionale, esercita comunque pressioni significative sul territorio: l’espansione di grandi piattaforme a ridosso della rete autostradale genera un consumo di suolo fortemente polarizzato, impone pesi insediativi elevati ai Comuni e accentua l’urgenza di strumenti regionali – come gli Ambiti Territoriali Idonei introdotti dalla Legge Regionale 15/2024 – capaci di guidare la crescita verso la rigenerazione di brownfield, il contenimento delle superfici impermeabili e una più efficace integrazione tra strada e rotaia.