La nuova e grave escalation militare tra Israele e Iran, segnata da una serie di attacchi aerei israeliani in territorio iraniano avvenuti nella notte tra il 12 e il 13 giugno 2025, potrebbe innescare una catena di eventi difficilmente controllabili, destinati ad avere ripercussioni ben oltre i confini della regione mediorientale. Per l’Europa, le conseguenze potrebbero essere particolarmente pesanti: al centro delle preoccupazioni vi è la stabilità delle forniture energetiche e di materie prime strategiche, in particolare dell’alluminio, risorsa fondamentale per l’intero comparto industriale continentale.
A lanciare l’allarme è Mario Conserva, Segretario Generale di Face – la Federazione Europea dei Consumatori di Alluminio – che in una nota diffusa il 13 giugno parla apertamente di rischi esistenziali per l’industria europea. Secondo Conserva, uno degli scenari più critici da non escludere riguarda un eventuale blocco dello Stretto di Hormuz, uno dei passaggi marittimi più importanti al mondo per il transito di petrolio, gas e merci. Un’interruzione in quella zona nevralgica, causata da conflitti armati o incidenti geopolitici, potrebbe tagliare fuori l’Europa da flussi vitali di approvvigionamento.
Nel contesto attuale, già segnato da fragilità strutturali e tensioni economiche, uno shock di questo tipo aggraverebbe drasticamente la crisi in atto, generando panico nei mercati, interruzioni produttive, perdite economiche rilevanti e un clima sociale e politico instabile. L’alluminio, in particolare, è al centro di una tempesta perfetta. L’Unione Europea presenta oggi un deficit strutturale di alluminio primario che supera l’87% del fabbisogno interno. Per alimentare le filiere produttive servono circa sette milioni di tonnellate di alluminio grezzo all’anno, una quantità che l’Europa non è in grado di garantire autonomamente.
A questa dipendenza si aggiunge un ulteriore fattore destabilizzante: la crescente esportazione di rottami di alluminio verso gli Stati Uniti, dove questi materiali sono attualmente esentati dai dazi del 50% imposti a suo tempo dall’amministrazione Trump. Questa asimmetria commerciale rischia di indebolire seriamente il sistema europeo del riciclo, minando le politiche di economia circolare e aumentando al contempo la dipendenza da materie prime estere. Il rischio è duplice: da un lato, la domanda di alluminio primario continuerà a crescere, poiché è indispensabile in numerose applicazioni industriali, anche in combinazione con metallo riciclato; dall’altro, le distorsioni commerciali stanno incentivando l’esportazione di rottami, sottraendo all’Europa risorse preziose per il proprio ciclo produttivo.
Come sottolinea Conserva, Face lancia da oltre due anni un appello alle istituzioni europee affinché si presti attenzione ai rischi connessi alla restrizione dei flussi di alluminio primario, alle fragilità delle rotte marittime meridionali e alle nuove instabilità geopolitiche. Oggi, più che mai, secondo la Federazione, l’Unione Europea deve mantenere aperte tutte le opzioni strategiche per garantire la propria sicurezza economica e industriale. L’alluminio, materia prima chiave per numerosi settori – dai trasporti all’energia, dall’edilizia alla difesa – rappresenta una risorsa su cui costruire o perdere il futuro produttivo del continente.