Il 4 novembre 2025 la Camera ha approvato definitivamente la riforma degli interporti, dopo circa un anno di percorso parlamentare e dopo trentacinque anni dall’emanazione della normativa precedente (la Legge 240/1990). Ma la nuova Legge non pare abbia raccolto reazioni d’entusiasmo da parte della della filiera logistica. L’unica reazione esplicitamente positiva da parte della comunità del trasporto è stata quella dell’associazione degli stessi interporti, la Uir, che ha accolto la riforma con “estrema soddisfazione”. Secondo il suo presidente, Matteo Gasparato, la norma “finalmente riconosce il ruolo strategico degli interporti come infrastrutture fondamentali del sistema logistico nazionale" e rappresenta "un passo decisivo per rafforzare la competitività del Paese e per consolidare la centralità dell'Italia nella logistica euro-mediterranea".
La Uir ha sottolineato come elementi positivi della riforma il riconoscimento formale degli interporti come infrastrutture strategiche del sistema Paese; la definizione aggiornata d’interporto con criteri oggettivi per l'individuazione di nuovi poli; la semplificazione delle procedure autorizzative e gestionali; e l'introduzione di standard di sostenibilità ambientale, con hub concepiti come strutture "verdi" dotate di impianti per energie rinnovabili e sistemi certificati di efficienza energetica.
Però la norma è stata criticata dall’interno della stessa Uir. Già il 25 febbraio del 2024, il direttore dell’Interporto di Padova (il secondo in Italia per capitale sociale) Roberto Tosetto evidenziò a MediTelegraph alcuni coni d’ombra della Legge. Il primo riguarda la denominazione, che sarebbe troppo ampia, col rischio che qualsiasi struttura logistica, dotata di un binario e con un collegamento a un'arteria principale di comunicazione, possa rientrare nella categoria. Inoltre non si spiega come è stato stabilito il numero massimo degli interporti italiani, che la Legge impone a trenta.
C’è poi un conflitto d’interesse nel nuovo Comitato per l’intermodalità e la logistica, che dovrà approvare gli investimenti di ogni interporto. Il problema è che gli interporti operano anche in concorrenza tra loro e quindi i rappresentanti degli interporti nel comitato dovranno decidere sugli investimenti dei loro potenziali concorrenti. Nello stesso tempo, la norma afferma che ogni struttura deve destinare una parte dei propri utili a progetti delle altre o allo sviluppo di nuovi interporti. Un provvedimento che secondo Tosetto rischia di essere di difficile applicazione.
Un altro punto criticato riguarda la proprietà della aree. Alcuni interporti sorgono su aree di proprietà e ci si potrebbe quindi chiedere se questi impianti possano essere ricompresi all'interno della Legge, oppure se non essendo su suolo pubblico e operati da società di gestione, diventano qualcos'altro. Infine Tosetto ha criticato l’inadeguatezza delle risorse finanziarie, pari a 25 milioni di euro in tre anni, di dividere tra ventiquattro strutture esistenti e sei da realizzare.
In un seminario che si è svolto a Milano il 2 ottobre 2025 sono emerse altre critiche alla nuova Legge, sulla base di una relazione tecnico-giuridica redatta dallo studio legale Donativi e Associati. Tale relazione ha evidenziato addirittura possibili profili d’illegittimità costituzionale in quella che allora era una solo una proposta di Legge, perché costringerebbe i gestori degli interporti operativi a a farsi carico – anche con risorse proprie – della realizzazione di nuovi scali e dell'adeguamento strutturale di quelli esistenti.
In particolare, lo Studio Legale affermò che questa norma rischierebbe di "compromettere la solidità economica degli interporti già esistenti, imponendo obblighi finanziari che andrebbero a gravare soprattutto sui gestori più solidi". L'interpretazione letterale dell'articolo violerebbe la libertà di iniziativa economica garantita dall'articolo 41 della Costituzione, discriminando i gestori rispetto ad altri operatori della logistica e dei trasporti, e coinvolgerebbe anche gli articoli 3, 23, 42, 47 e 53 della Costituzione.
Le preoccupazioni dello studio furono condivise, in quella stessa occasione, da Antonio Santocono, presidente della Camera di commercio di Padova e di Unioncamere Veneto, Leopoldo Destro per Confindustria Trasporti, Giuseppe Rizzi per Fermerci e Umberto Ruggerone per Assologistica. Destro dichiarò che "l'articolo 5 della proposta di Legge è in contrasto con la nostra visione – deve essere il mercato a decidere il futuro degli interporti e non Leggi che possono essere male interpretate". Tutti chiesero una revisione della norma, che però non ci fu. E ora bisogna vedere come la nuova Legge si calerà nella realtà.




























































