I costi minimi dell’autotrasporto sono stati abrogati più di dieci anni fa – nel 2014 – ma il loro spirito aleggia ancora nelle aule di tribunali, come mostra la sentenza numero 27335 emessa dalla Cassazione il 13 ottobre del 2025, incentrata sui lodi arbitrali. Nel caso esaminato, la controversia era stata decisa in sede arbitrale, cioè da un collegio di arbitri scelti dalle parti in base a una clausola inserita nei contratti di trasporto. Il provvedimento che conclude questo tipo di procedimento si chiama appunto “lodo arbitrale” e ha lo stesso valore di una sentenza del giudice ordinario, ma può essere impugnato solo in casi limitati, secondo le regole stabilite dall’articolo 829 del Codice di Procedura Civile.
Con questa sentenza, i giudici di Cassazione hanno definito un punto fermo nel complesso rapporto tra la normativa ormai abrogata sui costi minimi dell’autotrasporto e la stabilità dei lodi arbitrali. La decisione, attesa da tempo nel settore, riguarda la possibilità di contestare un lodo arbitrale per mancata applicazione dei costi minimi previsti dall’articolo 83-bis del Decreto Legge 112 del 2008, in vigore fino alla loro abolizione avvenuta, come detto, nel 2014.
Il caso prende le mosse da una controversia tra due società di trasporto merci, Eurotir Autotrasporti e Biondi Autotrasporti. Un lodo arbitrale del 2015 aveva riconosciuto solo in parte le ragioni della Eurotir, condannando la controparte al pagamento di circa 53mila euro per due fatture insolute del 2012, ma respingendo la richiesta principale di oltre 560mila euro, somma che la ricorrente riteneva dovuta per differenze sui costi minimi di esercizio. Dopo il rigetto dell’impugnazione da parte della Corte d’appello di Bologna, Eurotir aveva proposto ricorso in Cassazione.
Il punto centrale della controversia riguardava l’interpretazione dell’articolo 829 del Codice di Procedura Civile, nella versione successiva alla riforma del 2006. Secondo questa norma, un lodo arbitrale non può essere impugnato per violazione delle regole di diritto, salvo che le parti lo abbiano espressamente previsto nella clausola compromissoria. L’unica eccezione ammessa riguarda la contrarietà all’ordine pubblico. Eurotir ha sostenuto che l’articolo 83-bis, in quanto volto a garantire la sicurezza stradale attraverso tariffe minime di esercizio, fosse una norma imperativa di rilievo costituzionale e quindi rientrasse nell’ordine pubblico.
La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo che la nozione di ordine pubblico rilevante ai fini dell’articolo 829 è da intendersi in senso ristretto, limitata cioè ai principi fondamentali dell’ordinamento, di natura etica, sociale o economica, e non a tutte le norme imperative interne. Pur riconoscendo che l’articolo 83-bis aveva natura imperativa, la Corte ha escluso che si tratti di una norma “fondamentale” dell’ordinamento. A conferma di ciò, ha ricordato che la disciplina dei costi minimi è stata espressamente abrogata dal legislatore nel 2014, segno della sua non essenzialità nel sistema normativo.
Ne deriva che la mancata applicazione dei costi minimi da parte degli arbitri può costituire un errore di diritto, ma non una violazione dell’ordine pubblico. In assenza di una clausola che consenta di impugnare il lodo per errori di diritto, la decisione arbitrale resta definitiva. Con questo pronunciamento, la Corte di Cassazione ha quindi ribadito la centralità del principio di stabilità dei lodi arbitrali introdotto dalla riforma del 2006 e, al tempo stesso, ha escluso che la disciplina dei costi minimi – già priva di efficacia dal 2014 – possa essere invocata come parametro di legittimità delle decisioni in materia di autotrasporto.




























































