Sei associazioni ferroviarie e intermodali europee contestano l’impostazione della nuova Direttiva sui pesi e le dimensioni dei veicoli industriali, approvata in via di orientamento generale dal Consiglio europeo il 4 dicembre 2025, ritenendo che favorisca il trasporto stradale senza garantire una reale riduzione dell’impronta ambientale della logistica. Secondo la dichiarazione congiunta, il pacchetto “Screening Freight Transport”, presentato dalla Commissione nell’estate 2023, prometteva “più vantaggi economici con minore impatto ambientale”, ma l’equilibrio tra questi due obiettivi, nella versione attuale della Direttiva sui pesi e sulle dimensioni, risulta compromesso.
Nella nota condivisa da Per (Comunità od European Railway and Infrastructure Companies), Erfa (European Rail Freight Association), Rff (Rail Freight Forward), Uip (International Union of Wagon Keepers), Uirr (associazione europea del trasporto merci intermodale) e Unife (European Rail Supply Industry Association), le associazioni sottolineano che l’autotrasporto potrà ottenere importanti benefici economici dalle nuove norme, mentre quelli ambientali evocati dal pacchetto originario rischiano di essere rinviati e indeboliti. La loro critica centrale è che la Direttiva, così come impostata, amplia ulteriormente il divario di competitività tra strada e ferrovia, prolungando uno squilibrio che penalizza da anni il trasporto ferroviario e intermodale.
Secondo Cer - che rappresenta imprese ferroviarie, gestori dell’infrastruttura e società di noleggio veicoli in tutta Europa - la proposta sulla revisione dei pesi e delle dimensioni era stata concepita per procedere “in parallelo” con la revisione della Direttiva sul trasporto combinato. Solo un rafforzamento coerente del quadro sul trasporto combinato consentirebbe di rendere più efficienti tutte le modalità terrestri, favorendo una logistica europea più sostenibile e contribuendo agli obiettivi del “Clean Industrial Deal” attraverso l’incentivazione del trasporto ferroviario e delle soluzioni intermodali. In questo contesto, la decisione della Commissione, indicata nel Programma di Lavoro 2026, di voler ritirare la proposta di revisione della Direttiva sul trasporto combinato viene definita un segnale negativo che deve essere tenuto presente nella valutazione della Direttiva sui pesi e dimensioni dei camion.
Erfa - che rappresenta le imprese ferroviarie merci private e indipendenti attive nello spazio ferroviario unico europeo - insiste in particolare sulla dimensione concorrenziale. In un mercato del trasporto merci molto sensibile al fattore costo, ogni facilitazione dell’operatività transfrontaliera dei camion appartenenti ai cosiddetti Sistemi Modulari Europei (European Modular Systems, Ems) rende meno attrattivi il trasporto ferroviario e le soluzioni intermodali. Secondo l’associazione, ciò contraddice gli obiettivi dichiarati dall’Unione Europea di rafforzare il mercato interno attraverso un riequilibrio tra le modalità di trasporto, promuovendo quelle ad alta capacità come la ferrovia, migliorando l’efficienza energetica, riducendo le emissioni, gli incidenti stradali e la congestione.
Rail Freight Forward - la coalizione d’imprese ferroviarie merci impegnate a ridurre l’impatto ambientale del trasporto merci in Europa - mette l’accento sul rischio d’inversione modale: rendere economicamente più conveniente il trasporto stradale punto a punto, soprattutto su lunga distanza, significa rendere più difficile lo spostamento di volumi di merce dalla strada alla ferrovia. La diffusione transfrontaliera di camion più lunghi e più pesanti, affermano le associazioni, accelera anche il degrado delle infrastrutture stradali, producendo più cantieri, più congestione dovuta ai lavori e maggiori costi di manutenzione per gli Stati.
Uip - che rappresenta i detentori di carri merci, le imprese responsabili della manutenzione e un parco di oltre 255 mila carri che realizzano metà dei tonnellate-chilometro ferroviari in Europa - richiama l’attenzione sulle conseguenze infrastrutturali e tecniche per l’intermodalità. Consentire la circolazione transfrontaliera di mezzi stradali più lunghi e pesanti pone un problema di compatibilità con molti terminal intermodali e con una gran parte dei carri ferroviari oggi in esercizio. Le dimensioni e le masse dei convogli stradali Ems non sono infatti compatibili con la capacità di carico e con le geometrie di numerose strutture e attrezzature intermodali esistenti, con il rischio di ostacolare lo sviluppo di catene logistiche realmente multimodali e interoperabili basate sul trasporto combinato.
Uirr - che riunisce operatori del trasporto intermodale, gestori di terminali di trasbordo, associazioni nazionali e fornitori di tecnologie - sottolinea come la Direttiva, se non opportunamente corretta, possa indebolire l’ecosistema del trasporto combinato proprio nel momento in cui l’Unione Europea afferma di voler promuovere una logistica a emissioni zero. Per Uirr, la costruzione di catene di fornitura multimodali robuste richiede che gli incentivi regolatori non vengano sbilanciati a favore del trasporto stradale integrale, ma sostengano un’integrazione efficiente tra ferrovia, strada e, ove rilevante, vie navigabili interne.
Unife - che rappresenta oltre 115 imprese europee fornitrici di sistemi ferroviari, materiale rotabile e sottosistemi, nonché le associazioni industriali nazionali del settore ferroviario - interpreta la Direttiva anche dal punto di vista industriale e tecnologico. Secondo l’associazione, un quadro normativo che rafforza il ruolo della ferrovia e dell’intermodalità stimola investimenti in nuovi treni, carri merci, tecnologie digitali e soluzioni per l’interoperabilità. Al contrario, una cornice che privilegia il trasporto stradale può rallentare decisioni d’investimento in soluzioni ferroviarie innovative e ridurre la prevedibilità per l’industria europea della fornitura ferroviaria.
Nella fase che precede i negoziati interistituzionali tra Commissione, Consiglio e Parlamento Europeo, tutte le associazioni firmatarie – Cer, Erfa, Rff, Uip, Uirr e Unife – chiedono al legislatore europeo di mantenere una visione di lungo periodo sulla configurazione del sistema logistico europeo. L’obiettivo indicato è un ecosistema interoperabile in grado di contribuire in modo coerente agli obiettivi condivisi in materia di trasporti, energia, clima, ambiente e aspetti sociali, evitando scelte normative che risolvono problemi di breve periodo per la strada ma generano costi esterni maggiori nel medio e lungo termine.
Per salvaguardare questo obiettivo, le associazioni indicano condizioni precise che, a loro avviso, devono essere integrate nella Direttiva sui pesi e sulle dimensioni. In primo luogo, gli incentivi contenuti nella Direttiva – a partire dalle eventuali deroghe alle masse e alle lunghezze standard dei veicoli industriali – dovrebbero essere riservati ai veicoli a emissioni zero e ai veicoli coinvolti in catene di trasporto intermodale, così da legare il vantaggio competitivo aggiuntivo a scelte realmente coerenti con gli obiettivi climatici. In secondo luogo, il quadro normativo deve assicurare la compatibilità tecnica e operativa tra le diverse modalità di trasporto, evitando che l’evoluzione della flotta stradale renda più difficile l’integrazione con terminal ferroviari e infrastrutture esistenti.
Un terzo punto centrale del documento riguarda la necessità di una valutazione preventiva a livello nazionale. Le associazioni chiedono che gli Stati membri siano tenuti a realizzare, prima di consentire la circolazione di camion Ems, valutazioni pubbliche degli impatti potenziali in termini di sicurezza stradale, usura e manutenzione delle infrastrutture, cooperazione modale, prestazioni ambientali e ripartizione dei traffici tra modalità. I risultati della “Study on Weights and Dimensions” del 2024, realizzata da D-fne per conto di Cer, Erfa, Uic, Uip e Uirr, vengono richiamati a sostegno di questa richiesta: lo studio, secondo le associazioni, evidenzia come scenari regolatori non bilanciati possano produrre uno spostamento modale inverso dalla ferrovia alla strada, con aumento dei costi esterni del trasporto, delle emissioni e dei rischi per la sicurezza, insieme a una maggiore congestione e a un incremento delle spese di manutenzione stradale.
Antonio Illariuzzi






























































